Marco Giampaolo: un grande allenatore infilatosi in un buco (rosso)nero

Dopo Sarri e Conte, anche il Milan ha presentato il suo nuovo allenatore, Marco Giampaolo, a cui spetterà il compito più difficile e complicato: tentare di rialzare il Milan.

I nuovi condottieri delle squadre più importanti e blasonate del nostro stivale sono stati presentati uno dopo l’altro nell’arco della settimana. Per primo è toccato a Sarri, che tenterà di stravolgere i piani e creare un po’ di casino nell’ambiente bianconero; poi è stato il turno di Conte, che proverà a far risalire in superficie i nerazzurri dopo parecchi anni di fogna; ed infine Giampaolo, nuovo allenatore del Milan. Tra i tre, quello che avrà la strada più dura e meno asfaltata, è sicuramente il tecnico rossonero, che con la solita squadretta che gli verrà presto data tra le mani, dovrà compiere il solito miracolo impossibile.

Marco Giampaolo proviene dalla Genova blu-cerchiata, dove tra un film col presidente Ferrero, un goal di Quagliarella e un buon calcio espresso dai suoi uomini, tre anni sono passati bene e in fretta, ma la prova della verità arriva forse ora, dato che è alla prima esperienza alla guida di una grande del calcio italiano. Sulle idee di gioco e le qualità organizzative dentro lo spogliatoio ci sono pochi dubbi e tante certezze: Giampaolo sa far giocare bene le proprie squadre, facendo rendere al massimo i suoi attaccanti, ma riproporsi a San Siro sarà tutta un’altra storia e un’altra pellicola, di genere horror e drammatico probabilmente. È il settimo allenatore (!) che il Milan cambia in cinque anni. Giunge sul Naviglio dopo (1)Seedorf, (2)F. Inzaghi, (3)Mihajlovic, (4)Brocchi, (5)Montella e (6)Gattuso. Sei allenatori per sei delusioni. Una mattanza. La guerra tra Troia e Sparta fu forse meno cruenta.

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A portarlo nel capoluogo milanese, sponda rossonera, è stato probabilmente decisivo anche l’appoggio di Arrigo Sacchi, che da tempo raccontava del suo dejà-vu, come se in Giampaolo si rivedesse un po’. Tale endorsement non è sfuggito a Paolo Maldini e Zvonimir Boban, rispettivamente direttore tecnico e manager del Milan, che hanno provveduto in fretta a farlo sedere sulla propria panchina.

Il profilo del mister nato nel cantone Ticino in Svizzera e poi trasferitosi presto in Italia è dunque forte ed ammirevole, il suo undici però meno, anzi non lo è affatto. La speranza è tanta e pure giustificata, ma come le aspettative si tradurranno nella vita reale sarà solo il campo a dirlo, non i giornali e tanto meno le amichevoli estive. Nel frattempo, le prospettive sono però pallide. Buona catastrofe.

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Riccardo Chiossi