Il nero e l’argento, di Paolo Giordano: apologia dei colori dell’animo umano

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Il nero e l’argento è il romanzo numero tre di Paolo Giordano, pubblicato da Einaudi, uscito all’inizio di maggio.
E’ un romanzo intimistico, esistenziale, raffinato stilisticamente e nel linguaggio, estremamente diverso dalle due opere precedenti (La solitudine dei numeri primi, Il corpo umano): la storia è ambientata a Torino, in un contesto familiare ristretto quanto moderno: giovane padre, giovane madre e il loro piccolo figlio, in equilibrio instabile sul filo della monotonia esistenziale, scandita dal sempre uguale succedersi dei giorni fino all’evento che spezza la catena, evento di per sè apparentemente banale, ma in realtà fondamentale, infausto: l’allontanamento, per ragioni di salute, della loro donna delle pulizie.
E l’abbandono da parte della domestica altro non è che metafora espressiva della perdita di ogni certezza, l’inizio dello sgretolarsi del cuore familiare, la recisione di quel filo invisibile che tiene unite le persone all’interno del loro microcosmo, e quindi è il via verso l’implosione.
E se, per citare Tolstoj, in Anna Karenina, “tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo”, qui, nel nuovo romanzo di Paolo Giordano, si analizza uno dei numerosi volti dell’infelicità umana inquadrata nel contesto della sua quotidianità.