Quale soluzione per l’Africa e i flussi migratori verso l’Europa?

Osserviamo senza la lente ideologica, la drammaticità del fenomeno che caratterizza il nostro tempo

l caso della Sea Watch 3 e della capitana Carola Rackete ha riproposto un drammatico problema che pare non trovare soluzione e sul quale, per calcolo politico, parziale conoscenza dei fatti e partecipazione più passionale che oggettiva, le zone d’ombra superano quelle di chiarezza. Che l’Africa sia da secoli considerata la “pattumiera” del mondo, dove scaricare i veleni prodotti dalla civiltà Occidentale ed ora anche Asiatica, oppure la fonte d’indicibili ricchezze da rapinare senza farsi tanti scrupoli, è un dato di fatto. Le grandi potenze mondiali, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, passando dalla Francia, dall’Olanda, dalla Germania, dalla Spagna e dal Portogallo, si sono spartiti il Continente Nero dall’Ottocento in poi rubando tutto il possibile e restituendo nulla. Anche l’Italia ha contribuito a depredare Libia, Somalia ed Eritrea ma, se è accettabile un paragone con Francia e Inghilterra, i nostri colonizzatori sono stati dei “buon samaritani” al confronto.

Al principio furono le colonie

La colonizzazione è la causa della povertà, delle malattie, della mancanza di strutture quali ospedali, scuole e strade; è la causa di un futuro rubato insieme a tanta ricchezza. E allora iniziamo a mettere un punto fermo: se ci sono delle nazioni che, più delle altre, hanno seminato disperazione, queste sono Inghilterra e Francia e quest’ultima, per serietà e senso morale, dovrebbe almeno tacere e non impartire lezioni di morale.

Cartolina del 1911-12 che esalta “i valorosi combattenti nel nome d’Italia nostra in Tripolitania e in Cirenaica
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Le guerre tra gli Stati africani sono state orchestrate dall’Occidente per vendere ai vari governanti le armi obsolete e favorire contratti di sfruttamento delle risorse più vantaggiosi. L’emigrazione volontaria verso l’Europa c’è sempre stata, poiché l’Africa non ha mai smesso d’essere luogo di carestie, pestilenze e guerre. Il fatto sorprendente è che solo negli ultimi anni abbiamo osservato un esodo di massa, biblico e, sostanzialmente, ben organizzato con scafisti, navi ONG e cooperative sociali. Qualcuno lo giustifica con la guerra condotta contro il terrorismo in Iraq, in Afghanistan, in Siria, ma la maggioranza degli emigranti proviene da terre dove non c’è nessuna carestia, pestilenza e guerra. Sono emigranti economici che, per evitare le procedure relative a questa tipologia d’ingresso, hanno deciso di rischiare, affidandosi ad organizzazioni criminali e prendendo il mare.

Secondo i dati forniti dal Ministero degli Interni (e aggiornato al 2 luglio) dal primo gennaio 2019 abbiamo ricevuto nell’ordine: 603 migranti dalla Tunisia, 426 dal Pakistan, 264 dall’Algeria… Questo è il secondo punto. Le donne scheletriche e i bambini con il ventre gonfio e ricoperti di mosche sono da un’altra parte, non sui barconi e, sostanzialmente, continuano a non interessare nessuno.
Se davvero ci fosse un moto di coscienza verso questi poveri e sfruttati da sempre, la vera battaglia che dovrebbe condurre la Chiesa e l’Europa tutta, sarebbe quella di restituire all’Africa una parte di quello che le è stato tolto, costruendo gratuitamente strade, ospedali, scuole, centrali elettriche, investendo capitali in accordo con i governi locali. Un piano Marshall, insomma, generoso ed efficace. Così non è per la semplice ragione che anche questa disperazione è da sfruttare economicamente.

Generosità o business?

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Per “salvare” questi profughi, che hanno impiegato anche anni ad arrivare fino alle coste della Libia, si sono attrezzate organizzazioni umanitarie come la Sea Watch 3 e tante altre. Facciamo un po’ i conti in tasca a queste Onlus. Il noleggio di una nave di modesto tonnellaggio costa circa mezzo milione di dollari al mese, escluso nafta, vettovagliamenti, equipaggio e comandante. Come si finanziano le ONG? Spesso sono sostenute da privati, aziende, fondazioni umanitarie e politiche per un ammontare di circa 60 milioni l’anno per le maggiori, ma non c’è da andare in perdita anche per quella costellazione di organizzazioni non governative minori, che sono spuntate come i funghi. Per avere un’idea di quanto costerebbe dare un’istruzione, un’assistenza sanitaria e, naturalmente, cibo ad un bambino africano, la cifra stimata dalla Chiesa Cattolica è tra i 6 e i 9 dollari al giorno. Con i milioni che circolano vorticosamente in un anno per gestire l’immigrazione, molti Stati avrebbero già potuto avviarsi verso un futuro diverso e migliore per i loro cittadini. Ma ad un popolo istruito, organizzato, con un futuro non riesci più a rubare oro e diamanti, offrendo in cambio una collanina di vetri colorati.

Gino Strada, Emergency e la Croce Rossa.

Tanta generosità nel salvare vite umane desta qualche sospetto. Nella miriade di dichiarazioni sull’argomento, una ha fatto sobbalzare più di uno spettatore. In modo particolare il giornalista Toni Capuozzo su La7. Era il 12 luglio 2018 quando Gino Strada raccontò perché “Emergency” non era più presente nel Mediterraneo a soccorrere i migranti. «Non abbiamo i soldi per farlo» spiegò il medico. «Noi lavoravamo su una barca che era di proprietà di Moas, contribuivamo con il nostro personale sanitario che pagavamo noi: delle spese logistiche noi pagavamo 150mila euro al mese. Dopodichè – ha svelato – ci hanno chiesto di dare di più, 180mila o 230mila. Noi abbiamo discusso tra di noi e abbiamo accettato. Poi ci hanno detto: vogliamo che sbarchiate domani perché la Croce Rossa ci dà 400mila euro. E noi che dovevamo fare? È come quando il padrone di casa ti dà lo sfratto». Quindi i ragazzi con la tuta bianca, che danno un alone nobile e romantico alla causa, si pagano vitto e alloggio e contribuiscono alle spese di viaggio di quelli che “nobilmente” hanno messo a disposizione la nave. A questo proposito è bene ricordare che la carità a pagamento si chiama lavoro, business. Ed è ancora bene ricordare che la piccola Italia certo non può ospitare tutti i poveri del mondo.

Reclutatori: i moderni negrieri

Il fenomeno dell’emigrazione ai livelli attuali ha origini poco chiare. Basta scambiare qualche parola con un “vu cumprà” delle prime ondate per sapere dei “reclutatori”. Sì, persone che circolano nei villaggi e con il cellulare mostrano fotografie di amici e parenti già arrivati in Europa, ritratti ben vestiti, con orologi luccicanti ai polsi, davanti a villette a schiera e, soprattutto, sorridenti e felici. Ma non esistono solo i “reclutatori”: ci sono anche veri e propri mercanti di schiavi. Tornando ai primi, quasi nessuno può pagare il viaggio, ma “reclutatori” e scafisti assicurano che il problema non esiste: si dovrà lavorare per qualche anno gratuitamente. Non vi siete mai chiesti quale logica esista nei campi libici per rinchiudere in catapecchie pulciose, picchiare e violentare chi ha pagato 5000 dollari per il passaggio sui barconi? Semplice: costoro sono dei condannati, carne umana da sfruttare e sappiamo bene in quale modo: prostituzione, spaccio di droga e, nel migliore dei casi, vendita di mercanzia contraffatta e raccolta nei campi per 10/12 ore il giorno e una paga miserevole. In nero, naturalmente.

Il traffico d’organi

Ma non basta. Non c’è mai limite alla malvagità umana ed oggi abbiamo conferma da più fonti sul traffico d’organi. In un articolo sull’argomento del Gazzettino di Venezia si legge di un’indagine FBI: “Il mattatoio di ragazzi e ragazze importati dalla Nigeria, è nella Costiera Domizia, terra di camorra e mafia africana”. E’ qui che si espiantano cornee, reni per i ricchi del Nord Europa. Per taluni, l’accoglienza pare lo strumento più efficace e rapido per alleviare questa tragedia, ma è bene essere consapevoli del fatto che stiamo finanziando anche la criminalità e, in moltissimi casi, gettiamo in una disperazione forse ancora più profonda coloro che hanno lasciato famiglia e villaggi per la speranza di una vita migliore. La soluzione? Non esiste, finché l’Occidente proseguirà nel suo egoismo e a considerare i “non bianchi” quali esseri inferiori, che non interessano a nessuno. Buoni solo da sfruttare in tutti i modi. Al di là della divisione degli italiani in Guelfi e Ghibellini su qualsiasi tema, la semplice domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi è: se qualsiasi cittadino dell’Africa potesse avere una vita dignitosa nel suo villaggio, con l’acqua potabile, l’energia elettrica, una casa, un’occupazione, una scuola per i figli, un ospedale e dei medici per curarsi, si “venderebbe” ai nuovi schiavisti per attraversare il mare con tutti i suoi pericoli e finire per anni nelle mani della criminalità organizzata? Questo è il prezzo per sperare, un giorno, di poter chiamare la famiglia, inviare qualche dollaro a casa. Se la risposta è quella più logica, il mondo tutto, noi compresi, sa cosa fare.

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegnahttp://www.massimocarpegna.com
Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.