Il sogno infinito: intervista al poeta Nicola Zambetti

Nicola Zambetti

Nicola Zambetti, poeta e scrittore, nato a Bari il 14 settembre 1942, si dedica all’arte di scrivere sia in italiano che in vernacolo barese, opere poetiche e di narrativa, fin da giovanissima età. Inizialmente per hobby e per esternare le proprie emozioni agli altri; poi col tempo è diventato una necessità che lo aiuta a non pensare al suo handicap (la cecità) e a trasmettere le proprie emozioni sotto una nuova veste. Numerosi sono i riconoscimenti a lui attribuiti dai vari concorsi letterari dove lui ha partecipato sia come poeta (in italiano ed in vernacolo), che come scrittore (con racconti e novelle). Molte anche le sue pubblicazioni, tra cui: “Paesaggi umani”, e i recentissimi “Armonie” e “Penombra”.

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Noi di Generazioneweb l’abbiamo intervistato per voi.

Nicola, poeta e scrittore: nel tuo animo ti senti più vicino alla lirica o alla prosa?

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E’ come chiedere ad un genitore se ama più il figlio o la figlia.
Hanno entrambe la stessa importanza.
Ci sono momenti in cui senti il bisogno di esprimerti in versi ed altri che sei portato a scrivere un racconto, una novella o una semplice fiaba per i bimbi; come ci sono momenti che senti il bisogno di dare ai tuoi versi il suono del tuo dialetto. Ed allora o crei una nuova lirica o cerchi di trasformarne una che già hai scritto.

Hai iniziato a scrivere giovanissimo, all’età di sedici anni: che peso ha avuto, in tal senso, la perdita di tua madre: accostarsi alla poesia è stato forse per te un appiglio a quella vita che ti stava privando della cosa più preziosa?

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L’amore dei miei nonni materni non mi ha dato il tempo di pensare ad altro se non a vivere una vita normale. Ero troppo piccolo (solo 23 mesi) per rendermene conto.
Forse è stata la solitudine di chi sente, ad un certo momento, il bisogno di un fratello o di una sorella; forse è stata la mia timidezza che mi ha portato a vivere quello che è stata una intera vita da sognatore; ed allora tutti i traumi e tutte le vicissitudini passavano senza che me ne rendessi conto. Mi rifugiavo nella scrittura e nella compagnia di tutti quei personaggi che, man mano andavo creando e che mi facevano dimenticare: dolori, dispiaceri ed anche quell’incubo che pian piano mi stava coinvolgendo.

Componi sia in lingua italiana che in vernacolo barese: come mai questa tua scelta?

Il tutto è nato nei primi anni del 2000.
Un collega mi descrisse la sua ricetta in dialetto e quasi mi invogliò a tentare di riportarla, per così dire, su carta. Il resto fu tutta una catena. Avevo trovato qualcosa di nuovo. Poi, iniziarono i vari riconoscimenti. Quella lirica ottenne, lo stesso anno, il sesto premio ad un concorso a Roma; poi, iniziarono i primi premi a Bari ed a Bitetto.
Avevo scoperto il modo di scrivere delle ricette in maniera del tutto diversa dal solito; inoltre iniziavo a creare dei personaggi a volte drammatici ed a volte burleschi.

Come si traduce la tua ispirazione poetica nel dialetto barese?

E’ qualcosa che non si può spiegare a parole perchè, lo senti improvvisamente dentro di te.

Una vita dedicata alla scrittura e alla poesia: quindi di sognare non si finisce mai, nemmeno quando la vita prova a toglierci tutto?

E’ stato sempre in quei momenti da dimenticare che mi son rifugiato maggiormente nella mia vena creativa. Forse per non pensare; forse per ignorare tutto quello che mi stava accadendo; anche se, in realtà, mi dava la forza di reagire e di affrontare con una maggior tenacia i vari, e non pochi momenti difficili.

Quanto è appiglio per l’anima, per te, la poesia?

Le mie tante liriche; quelle che io chiamo: “fiori di carta”; nascevano dopo appunti scritti su pezzi di carta o su coperchi di cartone; camminando per strada o seduti ad una panchina nei giardinetti; alzandosi di notte perchè, i pensieri non ti lasciavano dormire; ed ecco che ti siedi alla tua scrivania, davanti alla tua macchina da scrivere, con il foglio già inserito, e dai sfogo ai tuoi pensieri fino ad inebriarti, quasi fosse quella, una droga..

Esistono differenze nell’affermazione della propria arte poetica, a livello di diffusione, tra nord e sud Italia? Siamo davvero un paese unito, in tal senso, o invece è il contrario?

Non ci sono paragoni.
Nel mio caso posso considerarmi un emerito sconosciuto nella mia terra.
A parte i primi riconoscimenti acquisiti con il mio vernacolo, tutti gli altri portano la “firma” di tutt’altro mondo.
Toscana, Lombardia, Emilia e, in particolare, Liguria.
Mi considero o, per meglio dire a parer degli altri: un autore del 2000.
Le mie pubblicazioni partono da quella data per poi fermarsi in un primo momento nel 2007 con la pubblicazione simultanea di due volumi: uno di poesie ed uno di racconti.
Poi nel 2008 arriva il primo volume in dialetto e solo a gennaio del 2014 esce il mio ultimo libretto di poesie a seguito di un concorso vinto in terra emiliana.
Tutti i miei trofei prestigiosi vengono da un altro mondo.
L’associazione; quella che dovrebbe tutelare i diritti di chi, come me, è portatore di un handicap, mi ignora e, non mi ha mai dato un supporto; un incoraggiamento; ed è per questo che, nelle mie tante partecipazioni, evito di dichiarare la mia realtà.


Cosa ti ha dato la partecipazione a questo concorso di poesia, Progetto Alfa e cosa ha rappresentato questa esperienza per te?

Come tutte le volte che mi viene assegnato un premio, provo un’emozione che, non si può descrivere.
Allora mi rattrista il fatto di non poterla vivere come sarebbe lecito viverla; ed attendo fiducioso l’arrivo del postino per poi, pendere dalle labbra di chi minuziosamente mi descrive ogni più piccolo particolare mentre, ad “occhi chiusi”, la mia fantasia mi inebria; e, come sempre, quella è: “la mia droga”.
Quando l’amico Massimiliano ha cercato di entrare sul mio profilo di facebook sotto un semplice pseudonimo mi sono chiesto: “Chi è costui?” Poi una voce dentro di me mi ha detto: “Accettalo!” ed ho chiesto al mio collaboratore di farlo entrare. Ed ecco, la prima grande emozione alla verità di aver ottenuto, ancora una volta un premio prestigioso.
Devo dire che, il mese di maggio è stato un continuo succedersi di emozioni.
Ha iniziato La Spezia con una stupenda pergamena incorniciata; poi, sempre da quella terra, una nuova segnalazione di merito; mentre, da Roma mi giungeva notizia che una delle mie favole era in finale ed era andata su un’antologia.
Per poi finire a Rodi Garganico con “la tripletta”. Ben tre segnalazioni di merito: poesia, racconto e vernacolo.
Quella del “Progetto Alfa” ha avuto un altro profumo; un “profumo del passato”. Infatti la poesia “Invocazione” porta la data del lontano 17 luglio del ’60.

Qual è il ruolo dei tuoi familiari nel supportare la tua arte?

Un’emozione condivisa; stupore nel guardare quei trofei; poi, cercare in tutti i modi, di farmi vedere attraverso i loro occhi; mentre, quando mi siedo davanti al computer, se si rendono conto che sto in fase creativa, mi lasciano tranquillo.

Paesaggi umani è stata ufficialmente la tua prima raccolta di racconti: perchè ad un certo punto questo viraggio dalla poesia alla prosa?

Nei primi anni della mia adolescenza mi ero cimentato in tutti i campi. Poi, c’è stata la prima lunga sosta. I casi di una vita non facile mi hanno fatto dimenticare tutti quei fogli chiusi in un cassetto. Solo verso la fine degli anni ’70 mi son rimesso a scrivere. Il momento che stavo vivendo era troppo drammatico e, solo nella poesia trovavo il modo di liberarmi, anche se solo per un attimo, di quel lungo e travagliato trauma,.
Sono stati anni di intensa creatività; innumerevoli liriche portano la firma di quei giorni. Quelle stesse liriche che mi hanno dato, successivamente la possibilità di pubblicare ben due volumi.
Poi, agli inizi degli anni ’80 la “macabra liberazione”.
Mi son dedicato a capofitto nel mio lavoro e nel non pensare a quella “nube grigia” che lentamente ed inesorabilmente, stava avanzando.
Fu un carissimo amico di sventura a farmi conoscere il meraviglioso mondo del PC.
Ed ecco l’emozione di riscoprire tutto un passato.
Loscanner, mi leggeva tutti quei fogli dattiloscritti e le dita, scivolavano, quasi impazzite, sulla tastiera.
Riprendevano vita vecchi testi: poesie, racconti e semplici novelle.
Fu un lungo e minuzioso ricamo.
I risultati arrivarono presto.
Nel 2003 il mio primo racconto ottenne il terzo premio a Salò;, poi nel maggio del 2005 fu Ferrara a darmi la gioia del primo posto assoluto seguita da Viareggio con la doppietta: prima la fiaba e secondo il racconto.
Da quel momento tutto “viaggiò” all’unisono.
Salò. La Spezia, Pontedera, Reggio Emilia.

Moltissimi premi letterarie, parecchie esperienze suggestive: quanto è stato importante che il sogno della tua vita, la poesia, si sia tramutato in realtà, per superare quei momenti bui che la vita ci impone?

Quando nel 2008 Il circolo culturale “Il Porticciolo” di La Spezia, mi dedicò il mio primo sito personale inserendo racconti, articoli ed una particolare presentazione di Rina Gambini, mi stupì il lungo diffondersi, la curiosità e ‘ammirazione di tanta gente a me sconosciuta.
Erano gli altri a vedere ed a leggere per me.
Poi, sempre “altri” crearono il mio profilo su facebook. Ed ecco,che tanta gente sconosciuta chiedeva l’amicizia.
Nacque successivamente “L’angolo della poesia”: semplici liriche che avevano un volto fotografico.
Forse furono le mie liriche; forse furono le foto prelevate da internet; l’angolo ebbe subito carattere internazionale. Gente di ogni età ed di ogni paese si inseriva per leggere e per fare i suoi commenti.
Ed ecco arrivare il sito del “Caffè letterario” gestito dal circolo
“La luna e il drago”. Commenti e testi avevano ora un nuovo volto. Avevano il loro sottofondo musicale.
Poi, l’amica Anna Montella, che gestisce lo stesso circolo ha iniziato ad inserire dei trailer su you tube.
Tanti amici “invisibili” continuano a farmi sognare perchè…:
“Il sogno non finisca mai!”