Stragi del ’92: Ergastolo per il boss latitante Matteo Messina Denaro

Il boss trapanese Messina Denaro è stato condannato all'ergastolo per le stragi di Via D'Amelio e Capaci

Ergastolo per il boss latitante Matteo Messina Denaro, lo ha deciso la Corte d’Assise di Caltanissetta dopo oltre 14 ore di camera di consiglio. Condannato per le stragi del ’92 dove morirono i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme agli agenti della scorta.

Messina Denaro ricercato dal 1993

Il potente boss trapanese, originario di Castelvetrano e ricercato dal 1993, è stato uno dei responsabili delle stragi di via D’Amelio e Capaci. Era stato già condannato per le stragi del 1993 in cui morirono dieci persone tra Firenze, Roma e Milano ma non era ancora stato processato per le bombe delle stragi dei due magistrati. La sentenza di questa notte riconosce il ruolo di Messina nella cosiddetta “Strategia Stragista” di Cosa Nostra con il collegamento degli attentati del ’92 e quelli successivi del Nord Italia, favorito dal capo di Cosa Nostra Totò Riina.

La Corte D’Assise di Caltanissetta ha ascoltato vari collaboratori di giustizia nel corso degli anni, specialmente agli inizi del processo iniziato nel 2017, e ha spiegato nella requisitoria come Matteo Messina Denaro abbia partecipato con piena consapevolezza alla strategia messa in atto per uccidere i giudici. Il fatto, poi, non è un caso isolato. Si legge nel testo “Matteo Messina Denaro ha dato un consenso, una disponibilità totale della propria persona, dei propri uomini, del proprio territorio, delle famiglie trapanesi al piano di Riina che ne fu così rafforzato e che consentì alla follia criminale del capo di Cosa Nostra di continuare nel proprio intento: anzi, più che di consenso parlerei di totale dedizione alla causa corleonese“.

Strategia pianificata già nel 1991

Alla luce di nuove testimonianze da parte dei nuovi pentiti del trapanese ma anche dalle dichiarazioni di Spatuzza e Tranchina, collaboratori di giustizia, è venuto fuori che il piano per compiere le due stragi del ’92 era stato deciso già nel 1991 in due riunioni, una a Enna l’altra a Castelvetrano, per la scelta della migliore strategia da applicare.

Oltre alle dichiarazioni dei pentiti vi sono anche le intercettazioni in carcere di Totò Riina che dava indicazioni a Messina Denaro. Si è scoperto anche che Francesco Craparotta e Vincenzo D’Amico, capi della famiglia mafiosa di Marsala, nel ’92 furono uccisi, secondo quanto emerge da altri processi, per essersi rifiutati di uccidere il giudice Borsellino.

Ambra Leanza
Ambra Leanza
Articolista freelance, appassionata di viaggi, lettura e scrittura