Telelavoro: la soluzione che prende piede tra le aziende

Il telelavoro permette alle aziende di continuare a lavorare

Sempre più aziende scelgono il telelavoro. E’ una soluzione che evita i contatti con e tra i dipendenti. Una scelta ottimale proprio in questa situazione di emergenza globale da Coronavirus. Ma di cosa si tratta e come funziona lo vediamo subito.

Il telelavoro: cos’è e come funziona?

Con il termine telelavoro, si identifica il lavoro svolto da casa o da altro luogo diverso dai locali aziendali. In altre parole, il dipendente, svolge il suo compito senza doversi recare in azienda. Tuttavia, esistono delle differenze tra il telelavoro in ambito della pubblica amministrazione e quello in ambito privato. Esistono tre tipi di telelavoro:

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  • autonomo: il lavoratore scegli in piena autonomia come organizzare il proprio lavoro;
  • subordinato: il lavoratore è assunto dall’azienda. Può avere un contratto a tempo pieno o part-time. Non può essere aiutato dai familiari. Non ha piena autonomia organizzativa di mezzi, lavoro e tecnologie;
  • parasubordinato: è una combinazione delle prime due tipologie. ll lavoratore non è dipendente. Tuttavia, presta la propria attività per un committente ma senza la possibilità di organizzarla liberamente.

Il telelavoro nella pubblica amministrazione

Nella pubblica amministrazione la legge n. 191 del 1998, prevede che le amministrazioni pubbliche possano avvalersi di forme di lavoro a distanza. Le concrete modalità attuative sono dettate dal D.P.R. n. 70 del 1999. La legge definisce “telelavoro” la prestazione di lavoro eseguita dal dipendente di una delle amministrazioni pubbliche, in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro. Dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Perciò queste devono consentire il collegamento con l’amministrazione cui la prestazione stessa inerisce. Nel 2000 è stato stipulato l’Accordo quadro nazionale per l’applicazione del telelavoro ai rapporti di lavoro del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni. La circolare INPS n. 52 del 27 febbraio 2015 contenente le “Disposizioni attuative dell’Accordo Nazionale sul progetto di telelavoro domiciliare“. Indica le attività interessate, le modalità di attivazione del telelavoro.

Il telelavoro nel settore privato

La normativa sul telelavoro applicabile sul territorio Italiano per le aziende private è costituita principalmente dall’accordo quadro europeo del 16 luglio 2002, nonché dall’accordo interconfederale italiano del 9 giugno 2004, stipulato tra le principali associazioni sindacali di categoria. I vari CCNL del settore economico privato hanno oramai quasi tutti incluso l’Istituto del Telelavoro al loro interno. I lavoratori in telelavoro hanno diritto a percepire lo stesso trattamento economico spettante a lavoratori di pari livello assunti con relativo contratto di riferimento e operanti in sede. Il datore di lavoro fornisce al telelavoratore i supporti tecnici necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa. Il datore di lavoro è responsabile anche della formazione del proprio dipendente. Tuttavia, il lavoratore ha gli stessi obblighi e doveri di un lavoratore in sede.

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Quali sono le professioni più richieste?

E’ chiaro che i dipendenti che occupano di produzione di prodotti non può aderire al telelavoro. Pertanto, è più un lavoratore che si occupa di attività di tipo intellettivo. Tuttavia, ne esistono parecchie che possiamo così riassumere:

  • I lavoratori autonomi freelance, ciò quei soggetti che prestano la loro attività lavorativa senza alcun vincolo di subordinazione. Ad esempio gli articolisti di giornali online. Non hanno alcun rapporto o contratto di lavorativo con una singola azienda. Possono scrivere da casa e rivendere i loro articoli sul web;
  • i liberi professionisti, possono svolgere la loro attività direttamente da casa. Ma ci riferiamo più che altro alle professioni classiche come notai, avvocati, commercialisti e simili. Cominciano a prendere molto piede anche le consulenze online.
  • le libere professioni emergenti, molto noto il caso degli influencer. Persone che utilizzano molto i social per influenzare, appunto, le scelte dei consumatori. Vendono spesso pagati dalle aziende per fare attività promozionale di un prodotto.

Cosa serve per svolgere il lavoro da casa?

Molte aziende, soprattutto, in questi giorni stanno optando per il telelavoro. Questo permette di ridurre i contatti tra il personale. E di conseguenza la meno circolazione del Corona Virus presente anche in Italia. Ma chi paga i costi del telelavoro? E cosa serve? Sicuramente serve un computer, internet e le condizoni minime per lavrare. Al datore di lavoro sono riservati i costi derivanti direttamente dal lavoro: collegamento Internet,apparecchiatura hardware utilizzato per lo svolgimento delle mansioni lavorative. Ma anche le eventuali spese causate da smarrimento o danneggiamento di dati e strumenti. Tranne il caso in cui non sia riconoscibile una negligenza grave da parte del dipendente. In questa maniera il datore di lavoro può monitorare l’attività svolta dal dipendente.

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Privacy e sicurezza dei dati nel telelavoro?

Anche nel caso del telelavoro, è sempre il datore di lavoro a essere responsabile dei dati trattati. Che siano essi sensibili o meno è il titolare a introdurre tutte le misure a protezione dei dati personali ed aziendali. E tra i suoi compiti vi è quello di informare il lavoratore della giusta procedura da seguire. Il lavoratore ha l’obbligo di rispettare le direttive indicate. In questo caso, nessuna differenza con il lavoro svolto direttamente in azienda. Resta anche invariata la normativa in merito ai permessi, ferie, maternità sia che si tratti di lavoratori presenti che quelli in telelavoro. Ovviamente devono fare riferimento al proprio contratto nazionale di categoria. Comunque sia, sembra che molte aziende stiano adottando il telelavoro tra i suoi metodi alternativi per continuare le proprie produzioni, soprattutto nei territori raggiunti da provvedimenti regionali sulla limitazione degli spostamenti.