Terrorismo islamico: Sydney trema

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Dalle 9.00 di mattina, ora locale (le 23.00 in Italia), Sydney sta vivendo l’incubo terrorismo. Dopo le prime titubanze è ormai accertato infatti che si tratti di uno jihadista, Man Maron Monis, che da questa mattina in una cioccolateria Lindt nella centralissima Martin Place ha preso in ostaggio circa una trentina di persone che si trovavano nel locale.

L’edificio è circondato da centinaia di poliziotti armati che hanno richiesto anche lo sgombero degli edifici adiacenti quali la Reserve Bank, il Consolato Usa e l’Opera House. Il terrorista ha mostrato una bandiera nera con la scritta araba “Non c’è altro dio che Allah, Maometto è il messaggero di Allah”. Intanto la Vice Comandante della polizia Catherine Burn ha detto che si sta avviando una trattativa telefonica in modo che tutto si risolva in maniera pacifica e senza spargimento di sangue ma le intenzioni dell’uomo non sono chiare. Il terrorista ha chiesto una bandiera dello Stato islamico e di parlare con il premier Tony Abbott. Dal locale sono uscite cinque persone, non si sa se sono state rilasciate o sono riuscite a fuggire. La notizia più preoccupante emersa dalle dichiarazioni degli ostaggi all’emittente Channel 7, situata proprio di fronte il locale, è che l’uomo avrebbe piazzato due bombe all’interno del locale e altre due all’esterno.

Quello che sta succedendo in Australia è soltanto l’ultimo atto eclatante che ha innescato una miccia già accesa da tempo. È da settembre che l’allarme terrorismo da medio è salito ad alto, quando dei simpatizzanti dell’Isis avevano ammesso di voler decapitare per strada persone prese a caso e la polizia si era mobilitata effettuando un blitz nei sobborghi si Sydney e Brisbane intercettando 25 presunti membri dell’Isis. Secondo una stima dei servizi di sicurezza sono circa una sessantina gli australiani presenti nelle milizie di Al Qaeda e dell’Isis. Tra questi 15 sono morti in battaglia, altri si sono immolati alla causa attraverso atti suicidi e altri ancora sono rientrati in patria. Per quest’ultima ragione il Parlamento ha revocato il passaporto agli attivisti militanti e ha inasprito le leggi per coloro che combattono in Siria e Iraq.