Tutti i nodi vengono al pettine, un detto molto antico che racchiude una verità assoluta divenuta visibile in quest’ultime ore nel panorama politico italiano. Il grande nodo da sciogliere è il veto posto dal Quirinale per la candidatura del professor Paolo Savona alla carica di Ministro dell’economia, che potrebbe aprire una crisi politica e istituzionale.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha esposto serie perplessità sul nome di questo candidato per le sue forti posizioni euro scettiche. Savona nel corso degli anni non ha mai nascosto le sue aspre critiche nei confronti dell’Euro e dell’Europa e soprattutto nei confronti della Germania. Nel suo libro che sta per uscire il Professor Savona sostiene che il rapporto tra Roma e Berlino è stato sempre deleterio per l’Italia: nel 1882 con la Triplice Alleanza, nel 1939 con il Patto d’Acciaio e nel 1992 con gli Accordi di Maastrich. Riaffermando anche come l’Europa da centro coordinatore in grado di far prosperare i popoli che la compongono, si sia trasformata in una Grande Germania con tanti pilastri tutt’intorno.
La domanda allora sorge spontanea: perchè il No di Mattarella a questa candidatura? Con lo spread che torna a salire, rammentando l’incertezza che gli investitori internazionali hanno nei confronti dell’Italia, le pressioni velate a livello europeo si fanno più consistenti. Infatti il vero ruolo chiave all’interno di qualsiasi governo è proprio il Ministero dell’economia, il quale gestendo il denaro ha una grandissima responsabilità. Le perplessità che ci sono da Bruxelles, riguardano il fatto, che con un ministro come Savona la politica tenuta sino a oggi sul controllo dei conti e mantenere un deficit/ PIL al 4% possa essere sostituita con una linea economica finanziata completamente in deficit.
Il rischio reale, basandosi sul contratto di governo presentato da M5S e Lega, è che possa esserci un aumento notevole della spesa per una cifra intorno ai 100 miliardi e che i conti possano vacillare e gli investitori internazionali possano non comprare più i titoli di stato italiani e non rifinanziare il debito pubblico, portando il paese sulla strada del default.
In base all’articolo 92 della Costituzione il Presidente della Repubblica nomina i ministri, presentati dal Presidente del Consiglio e per questo i partiti teoricamente non potrebbero avere voce in capitolo. Ma Salvini, sostenuto da Di Maio, ha esposto chiaramente la sua linea ” O Savona e si parte, o si torna al voto”, in quanto entrambi i leader politici non hanno intenzione di partecipare a un esecutivo in cui il Ministro dell’economia venga nominato da Bruxelles e quindi non possano lavorare seguendo le linee programmatiche presentate in campagna elettorale.
Altro punto poi da ricordare è che il 50% degli Italiani ha votato per due forze euroscettiche o eurocritiche e quindi è ineluttabile che queste abbiano posizioni molto dure nei confronti delle disposizioni europee e per questo il Presidente della Repubblica dovrebbe accettarle.
Nel prossime ore si saprà come finirà la faccenda, ma se entrambe le parti dovessero mantenere la linea dura si potrebbe creare una posizione di stallo inedita, che non farebbe bene di sicuro all’Italia.