Era aprile di quest’anno quando Elon Musk annunciava di aver siglato un accordo per l’acquisizione di Twitter per la clamorosa cifra di 44 miliardi di dollari. Un importo imponente, che superava di gran lunga quello già stratosferico pagato da Mark Zuckerberg per comprare Whatsapp nel 2014, ben 19 miliardi sempre di dollari.
Il miliardario americano era stato tra i primi ad aderire alla piattaforma, nel lontano 2009, e aveva iniziato ad usarla per condividere il suo pensiero su svariati argomenti, ma anche per lanciare progetti individuali e spesso far montare polemiche.
Non è un caso se, in più di un’occasione, il magnate si era anche trovato nei guai per cinguettii all’apparenza innocui per noi, ma che gli avevano fatto perdere milioni di dollari. “Sto considerando di privatizzare Tesla per 420 dollari. Trovati i fondi” scrisse nel 2018, scatenando le polemiche.
Sì perchè in gergo Usa, il 4-20 sta ad indicare la marijuana. Risultato: la SEC (Securities and Exchange Commission) lo multò per 40 milioni, 20 suoi personali e 20 della sua società. Poco importa, visto che l’uomo più ricco del mondo continuò imperterrito a trollare sul social.
Due settimane fa circa, l’8 luglio, l’affare tra Twitter e Musk è tuttavia saltato, a causa dell’impossibilità di stabilire il numero esatto di account spam del network, condizione fondamentale per il patron di Tesla. La società di San Francisco non ha regito bene, come ovvio e si è rivolta alla giustizia americana.
Kathaleen St J McCormick, giudice della Chancery Court del Delaware, ha deciso infatti che il processo tra le parti si terrà ad ottobre, e non come richiesto dagli avvocati di Elon nel febbraio del 2023. Per i legali del social, il miliardario è tenuto a onorare i termini dell’accordo e quindi pagare i 44 miliardi come preventivato. Non resta che attendere la sua contromossa.
