Vaccini antinfluenzali, c’è il rischio scorte e le Regioni affrontano l’emergenza. Il problema non è nuovo visto che, a fine 2018, il sistema sanitario si è trovato nella stessa situazione.
Vaccini antinfluenzali rischio scorte. Le Regioni corrono ai ripari
Per ridurre il più possibile il rischio di lasciare molte persone senza vaccino antinfluenzale, le Regioni hanno deciso di agire subito, nonostante siamo ancora a inizio settembre.
Su invito del ministero della Salute, enti locali e Asl si mobilitano per aumentare la quantità di tetravalente.
Si tratta del vaccino più completo e in grado di contrastare efficacemente tutti i ceppi influenzali anche nella prossima stagione invernale.
Vaccini antinfluenzali, rischio scorte: il ruolo dei medici
I più impegnati sono i medici di base e gli ambulatori che tengono d’occhio l’andamento dell’epidemia influenzale e segnalano quando si raggiunge il picco della malattia.
In pratica, occorre riempire i frigoriferi degli studi medici e ambulatoriali di tetravalente per fare fronte alla richiesta dei cittadini.
Non è un caso, infatti che sia il vaccino più conosciuto e richiesto da quel 15% di italiani che è abituato a farlo ogni anno.
Vaccini antinfluenzali, rischio scorte. i problemi delle Regioni
Lo scorso anno la gestione non ha funzionato a dovere, costringendo a ridurre la somministrazione dei vaccini:
- Il 2018 si è basato sull’epidemia dell’anno prima che era stata meno aggressiva
- Gli ordini sono quindi diminuiti per evitare sprechi economici
- Campania, Sardegna ed Emilia Romagna si sono trovate in difficoltà perché l’epidemia si è rivelata più cattiva del previsto
- Tra ottobre e novembre le dosi di vaccino non bastavano, è cominciato il razionamento e poi si sono esaurite del tutto
- Molti anziani e bambini non hanno avuto il vaccino con rischi per la salute, essendo le categorie più a rischio
Gli sviluppi imprevisti
Il 2018 è stato particolare perché è aumentata la richiesta in molte regioni, rispetto all’anno prima (+ 3,5% solo in Lazio)
Non si deve sottovalutare quindi l’aspetto positivo che invoglia molte persone a vaccinarsi per la prima volta, perché diminuisce la paura o lo scetticismo verso i vaccini.
Molti hannno capito che il vaccino riduce notevolmente i rischi di complicazioni polmonari e aiuta a superare l’inverno con sintomi influenzali più leggeri e sporadici.
L’alternativa è quella di piantarsi a letto per diversi giorni e trascorrerne altrettanti in convalescenza, con danni all’economia se ci sono assenze dal lavoro diffuse e prolungate.
Il vaccino come arma contro le epidemie
Il vaccino antinfluenzale è un’arma contro l’epidemia influenzale che, nelle fasce più vulnerabili come i bambini, fornisce una protezione importante sotto il controllo del pediatra.
I bambini sono infatti i più coinvolti nelle campagne di vaccinazione che agiscono ad ampio raggio proteggendoli, specie quando devono andare all’asilo o a scuola.
I nati dal 2017 in poi hanno l’obbligo di vaccinarsi contro poliomielite, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Haemophilusinfluenzae tipo B; meningococco B e C, morbillo, rosolia e varicella.
Il parere dell’epidemiologo
Ovviamente, può accadere che una scorta più massiccia di vaccini aumenti il rischio di spreco se i cittadini non consumano tutte le dosi a disposizione o se l’influenza è più leggera del previsto.
In ogni caso, la macchina organizzativa si è messa in moto perché prevenire è meglio che curare.
L’industria francese Sanofi Pasteur ha già risposto positivamente. La sua divisione vaccini aumenterà produzione e fornitura per le regioni italiane.
Sul rischio di sperpero di risorse economiche, il Messaggero ha intervistato l’epidemiologo Pier Luigi Opalco.
“E’ impossibile – spiega Opalco – fare una previsione seria di quella che sarà l’impatto influenzale nella prossima stagione.
Le variabili in gioco sono assolutamente imprevedibili. L’unica cosa certa che sappiamo è che arriverà e, come ogni anno, colpirà moltissime persone“.
Pier Luigi Opalco punta il dito sulle responsabilità del personale sanitario
L’epidemiologo di fama internazionale punta il dito anche sulle responsabilità del personale medico, riguardo l’uso dei vaccini:
- Non basta aumentare produzione e distribuzione dei vaccini
- La campagna di sensibilizzazione sull’importanza dei vaccini deve riguardare non solo i pazienti, ma anche gli operatori sanitari
- Medici, infermieri e personale ospedaliero si vaccinano solo in minima parte
- Appena il 15% di loro è vaccinato e questo mette l’Italia in coda alla classifica europea
- Secondo Opalco, troppi medici sottovalutano il rischio di trasmettere l’influenza ai pazienti
- La soluzione sarebbe l’estensione dell’obbligo di vaccinazione per dottori, infermieri e ostetriche che è già in vigore in Emilia Romagna, Marche e Puglia.
L’importanza di vaccinarsi in tempo
La vaccinazione comincerà in autunno e sarebbe meglio farlo entro l’anno, per evitare di essere impreparati, quando l’influenza si farà sentire.
La campagna di informazione sui vaccini deve essere ancora più capillare visto che, a sorpresa, anche gli operatori sanitari non danno sempre il buon esempio.
Molti di loro evitano di vaccinarsi e questo non aiuta la prevenzione.
La strada è ancora lunga per informare e convincere le persone ancora spaventate o scettiche sull’uso del vaccino.
Con la speranza che la macchina organizzativa, questa volta, funzioni meglio in tutte le Regioni.
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