Befana o Epifania? Il 6 gennaio, tra sacro e profano

La Befana sulla scopa o i Re Magi all’incontro col Bambin Gesù? Non importa, tutti recano doni. E accade, sempre, il 6 di gennaio, dodici giorni dopo la nascita di Gesù o del solstizio d’inverno.

Di certo non è un caso che cristianità e riti pagani si ritrovino, come spesso accade, a festeggiare, con motivazioni differenti e attraverso differenti manifestazioni, la medesima ricorrenza. E così capita anche il 6 gennaio, giorno in cui si celebrano sia la visita della Befana sia l’adorazione dei Re Magi al cospetto del Cristo appena nato.

L’Epifania è l’apparizione del Bambino ai re Magi

L’Epifania (parola che, in greco antico, significa “apparizione”), è il momento dell’incontro dei tre uomini con Gesù Bambino, al termine di un viaggio condotto seguendo la rotta indicata dalla Stella. E accade dodici giorni dopo la sua nascita. Intercettati da Erode, nel corso della loro traversata dall’Oriente, i tre vengono convinti a rivelare al re il luogo esatto in cui si trovi il piccolo, una volta che lo abbiano raggiunto. Nel disegno di Erode, sconvolto dalla profezia della nascita del futuro Re dei Giudei, vi è l’intenzione di uccidere il bambino, così come tenterà di fare poi, con la strage degli Innocenti, quando il suo progetto iniziale fallisce.

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I Magi, infatti, raggiungono Betlemme con i loro doni ma, avvertiti da un sogno rivelatore, non fanno ritorno alla corte di Erode per dargli le informazioni richieste. Quando giungono, comunque, al cospetto di Gesù, depongono le loro offerte: oro, per rendere omaggio al Re, incenso per salutare il Dio e, infine, mirra, per lenirne le ferite nel momento del suo sacrificio.

E questo è il magnifico racconto arrivato fino ai giorni nostri attraverso i Vangeli.

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La leggenda della Befana, prodoma dei nuovi raccolti

La leggenda della Befana nasce anch’essa in epoca romana, coniugando alcuni riti propiziatori pagani con il calendario romano: nella dodicesima notte, dopo il solstizio di inverno, si festeggiavano la morte e la rinascita della natura, con il volo notturno delle donne che propiziavano il futuro raccolto proprio sorvolando i campi appena arati e seminati.

Per molti, la Befana era, in origine, Diana, dea della luna, della caccia e delle piante. Per altri era la dea della sazietà, Sàtia. Per altri ancora era quella dell’abbondanza, Abùndia. Ma altre credenze legano la festa della Befana al rito latino invernale dedicato a Giano e Strenia, in cui ci si scambiavano doni e che avrebbe, quindi, trasferito ai giorni nostri il vocabolo “strenna”; e si trovano leggende analoghe persino nella mitologia germanica, dove una figura simile è ravvisata nelle divinità Holda e Berchta. Tutte queste immagini, comunque, rimandano ad un comune denominatore: la natura, femmina per eccellenza, che sta per rinascere dopo l’inverno, carica di frutti e di doni per tutta l’umanità.

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Con la diffusione della cristianità e con la condanna della chiesa di Roma dei riti e delle leggende pagane, molte di queste furono abbandonate. Molte altre, invece, riuscirono  a resistere.

Durante il regime, ecco la Befana fascista

Così fu per quella della Befana, che assunse le sembianze di una vecchietta generosa in volo, a cavallo di una scopa, e così continuò per i secoli a venire e fino ai giorni nostri.

Nel 1928, il regime di Mussolini adottò quella antica figura facendola diventare la Befana fascista, con lo scopo di distribuire regali ai bambini più poveri. Cambiò nome, ma sempre associata all’attività sociale del regime, fino alla sua definitiva liberazione: non più fascista o del Duce o della Patria.

Finalmente, è solo la Befana che, come Santa Lucia prima di lei e San Nicola prima di Babbo Natale, dispensa dolci e caramelle ai bambini.

Attenzione al vestito: la Befana è solo vecchia, non strega

Il look della Befana non ha proprio niente a che vedere con il cappello da strega e altre allegorie del genere. Indossa uno scialle di stoffa pesante e colorato annodato sotto la gola (la pezzòla) oppure una grande sciarpa di lana. Rappresenta l’anno che se ne va, e quindi ha le sembianze di una vecchia, con il viso coperto di rughe, senza denti e la schiena curva. Indossa gonne lunghe e pesanti, spesso rattoppate, e un grembiule e copre le gambe con calze pesanti ma, mai, con gli stivali, men che meno quelli che arrivano alla coscia. E le scarpe, ovviamente, sono logore e consunte come tutto il resto del suo abbigliamento perché, oramai, il suo tempo è giunto alla fine, esattamente come l’inverno e l’anno da mandare via.

Nel suo fagotto, porta dolci e caramelle ai bambini più buoni, riservando, ai più monelli, il carbone, quello rimasto dai falò in cui si bruciano i fantocci che rappresentano l’anno vecchio.

Ma che sia ammantata dalla luce della Cometa o dallo scialle colorato della Befana, l’Epifania corona, ultima della serie, le festività natalizie. Intanto, però, i bambini frugano nelle calze…