Cavour, la sua casa di campagna cade a pezzi

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Triste destino per la casa di campagna del conte Camillo Benso di Cavour, uno dei fautori se non il fautore principale dell’Unità d’Italia – della quale il 17 marzo si sono celebrati i 150 anni. L’edificio – costruito nel Settecento su un terreno di 100 ettari a Borgo Leri, oggi Leri Cavour, frazione di Trino (Vercelli), acquistato nel 1822 da Michele, padre del primo presidente del  Consiglio italiano, e sul quale Cavour stesso aveva coltivato per anni riso con metodi rivoluzionari per l’epoca – cade a pezzi dopo essere stato depredato: la statua di gesso che celebra il personaggio, è stata privata della testa, mai più ritrovata – ma la statua è stata fortunatamente messa in salvo –; il portone, le tegole e gli scalini di marmo sono stati rubati e oggi l’area è in balia degli appassionati di soft air  (o tiro tattico sportivo) della zona: questi devastano la terra e le pareti sono quasi sbriciolate da proiettili e imbrattate di colori. Quindi anni fa la Sovrintendenza aveva posto un vincolo, ma i risultati sono stati scarsi: per il 150° dell’Unità d’Italia sono stati stanziati 300 mila euro per una parziale ristrutturazione, ma i suoi effetti sono durati soltanto pochi giorni.

Un destino simile a quello delle residenze borboniche ma ancora più drammatico, se si pensa che in quel caso la responsabilità era della camorra, mentre qui è completamente dello Stato, a cui la dimora in assoluta decadenza appartiene.

La condizione di abbandono non riguarda solo la casa ma tutto il borgo, che non è più abitato da lungo tempo, spiega al “Corriere della Sera” il sindaco di Leri Trino, Alessandro Portinaro. La vicenda ha avuto inizio di fatto negli Anni Ottanta, quando l’Enel ha deciso di realizzare lì vicino la seconda centrale nucleare del posto, perciò ha acquisito l’area dove essa avrebbe dovuto sorgere – circa 200 ettari – e l’intero borgo. Fino al referendum dell’ ’87, che ha bloccato tutto. Allora Enel ha deciso di riconvertire quest’area costruendo una centrale a ciclo combinato che occupava uno spazio minore della nucleare: 40 ettari anziché 200. I 160 ettari rimanenti erano vuoti in attesa di un cantiere che non sarebbe mai stato realizzato e non sarebbe mai stato realizzato neanche un campo fotovoltaico – che avrebbe dovuto essere creato in occasione dell’Unità d’Italia – con il quale si pensava di fare “ripartire” il borgo.

In seguito, per circa dieci anni, luoghi del posto come la casa di Cavour, anch’essa passata nelle mani dell’Enel, verranno saccheggiati. Poi la proprietà è passata al Comune e il sindaco predecessore di Portinaro ha deciso di acquistare ad un prezzo simbolico – circa 1.000 euro – il borgo. Ma siccome gli accessi non sono controllati e la zona è isolato, ci può entrare chiunque e fare di tutto, nonostante questo sia uno dei luoghi simbolo dell’Unità del nostro Paese.