“Conrad e il mare”: un viaggio appassionante

Chi è Conrad

“La notte era serena, e appena ventilata. La nave si invagonava un poco scivolando tranquilla sopra un mare cupo, perso il fasto inaccessibile opulento di un orizzonte nero, trapuntato di innumerevoli fuochi ammiccanti”.Così comincia il cap. IV° del romanzo :”Il negro del Narcissus” di Conrad. Il cielo trapuntato di stelle e un veliero sulle onde di un mare inquieto lo rappresentano.Ci accoglie con questa prima immagine la mostra”Conrad e il Mare”, aperta fino al 29 marzo 2015 presso l’Acquario Civico di Milano.

Chi era Jozeph Conrad

Figlio di un esponente della piccola nobiltà polacca , morto in Siberia, Jozeph Conrad fu allevato da uno zio, ma si appassionò molto presto al mare tanto che alla sola età di 17 anni partì imbarcandosi dal porto di Marsiglia. Iniziò come allievo, poi divenne marinaio, ma la sua carriera marittima a cui si dedicò dal 1874 al 1894, culminò con la nomina di capitano. Quando si fermò, nel ’94, incominciò a scrivere i suoi romanzi, ispirandosi soprattutto ai suoi viaggi in Oriente. Nel frattempo si sposò ed ebbe due figli.

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Nei suoi viaggi attraversò non solo tutto il mar Mediterraneo  toccandone i porti principali raggiungendo il Medio Oriente, ma l’intero Oceano Atlantico fino al Capo di Buona Speranza con delle puntate alle isole dei Caraibi e tutto l’ Oceano Indiano, facendo scalo in India, Sumatra, Giava, fino ad arrivare in Australia. I suoi romanzi sono ricchi di descrizioni non solo delle attraversate in mare, ma anche delle città, delle popolazioni che incontrava, dei naufragi e mareggiate che naturalmente furono molti.

“I colori vivaci delle vesti drappeggiate e l’oro degli orecchini-scriveva di alcune donne africane- conferivano una magnificenza barbarica e regale alle loro figure che incedevano disinvolte in un profluvio di sprazzi di sole…Erano imperturbate come tante principesse, ma ahimè, nessuna di loro era figlia di un sovrano dalla pelle d’ebano…”, mentre di una violenta burrasca si legge:”…il mare che fischiava , fischiava in modo spaventoso, il vento che ululava, e la nave coricata su un fianco, tanto che la metà dell’equipaggio nuotava e l’altra metà si aggrappava disperatamente a qualsiasi cosa…”

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E’ interessante anche la percezione che dimostrava descrivendo le persone:” Il capitano Mac Wirr del piroscafo Nan-Shan, aveva, quanto all’aspetto esteriore,una fisionomia che era lo specchio fedele del suo animo: non presentava spiccate caratteristiche di fermezza o ottusità, anzi non ne presentava di alcun genere; era semplicemente comune, insignificante, impassibile.”Si alternano alle descrizioni del mare quelle dei porti e delle città dell’epoca, come Raffael Place a  Singapore, da cui dovette correre d’urgenza a Bangkok per assumere il comando di un brigantino il cui comandante era defunto: così iniziò nel gennaio  1889 l’avventura dell’Otago.

“Nelle sere serene la nave silenziosa assumeva il freddo splendore della morta luna…Sotto di lei una lunga striscia d’oro sbarrava il nero disco delmare…” In “Lo specchio del mare”rievoca la fatica del marinaio:”Certo un marinaio di sole macchine ha parecchie scalette di ferro da salire, ma io ricordo che in certi momenti la macchina di una nave a vela pareva alta fino alle stelle, per quanto fossero agili le mie membra…” L’incubo della burrasca era peristente: ” In una bufera…c’era sempre quel canto selvaggio, profondo, come un inno…” Continua poi sempre più inquietante in “Tifone”: “Il mare appiattito durante le raffiche più forti, si sollevava poi sommergendo le due estremità del Nan Shan e su questo brillante lenzuolo teso, sotto il nereggiare delle nubi ed emanante un chiarore bluastro…il capitano Mac Wirr riuscì a intravvedere il desolante spettacolo… la bufera si era impadronita del Nan Shan come una furia pazza e devastatrice….”

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Emergono poi i sentimenti più profondi  della gente di mare, che non verranno mai più dimenticati: “Per un marinaio non c’è peccato più imperdonabile che condurre quell’arnese … a sgraffiarsi la chiglia… Anche se nessuno ne abbia saputo nulla, quel colpo sordo non si dimentica mai più…E’ proprio un colpo al cuore. Torna nei sogni, ci si sveglia di notte dopo anni e anni e ripensandoci si sentono onde di fuoco e di gelo correre per tutto il corpo”.(Da “Cuore di tenebra”, cap.II°).

Cosa fece Conrad

A 32 anni, Conrad, per andare in Congo, si imbarcò a Bordeaux su Ville de Macedo fino a Boma. Da qui risalì fino a Matedì e iniziò un viaggio in carovana per due settimane. Alla fine di giugno la spedizione era pronta per attraversare il Monte Patabella e gli affluenti del Congo. Il cammino , come ricordò nel suo diario, durò 30 giorni. Dopo diverse tappe finalmente raggiunsero Kinshasa: in tutto ci misero 35 giorni.

Quando tornò in Europa nel 1891, a causa delle molte traversie passate, venne ricoverato in ospedale per malattie tropicali. Secondo Edwrd Garnett, fu questa lunga esperienza a provocare in lui quel mutamento che lo trasformò in scrittore.

Così pianse la scomparsa di un compagno: “Non lo rividi più . Il mare se ne prese alcuni, le navi a vapore altri,i cimiteri della terra si prenderanno il resto. Un compagno di bordo che se ne va, al pari di ogni altro uomo, se ne va per sempre, e così non ne rividi più uno solo”.

Meravigliosa è una descrizione che fece della costa vista dal mare:”Gli alti promontori avanzarono alteri nel mare; le baie lunate sorrisero nella luce; le ombre delle nubi sena meta scorazzarono lungo le pianure. Soleggiate balzarono sulle valli, senza fermarsi, sfrecciarono su per le colline, rotolarono per i pendii e il sole le rincorse tra le chiazze di mobile luminosità.”

Per Conrad il mare è” sicuro, immutabile…, mette l’uomo al riparo da tutte le passioni a eccezione della rabbia del mare medesimo”, ma è anche quello che descrisse quando” ….prima che la notte calasse il suo misterioso velo, non c’era altro che l’immensità dello spazio…”oppure, in quel particolare momento della sera in cui”…le luci della terra si mescolano alle luci del cielo…”

Grazia Paganuzzi