Corte Penale Internazionale, possibile mandato di arresto per Netanyahu

Possibile mandato di arresto contro Netanyahu (e altri esponenti israeliani): premier sempre più preoccupato e irrequieto per la possibile decisione della Corte Penale Internazionale

Da giorni i media internazionali, in particolar modo quelli ebraici, parlano di un imminente mandato di arresto della Corte Penale Internazionale nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per i crimini perpetrati dai soldati dell’Idf sulla Striscia di Gaza a partire dal 7 ottobre. I media parlano di un primo ministro preoccupato e irrequieto – e che avrebbe fatto pressioni persino su Biden per sollecitarlo affinché “condannasse” la corte penale internazionale – per questa situazione che potrebbe aprire un nuovo capitolo della sanguinosa guerra in atto a Gaza, dove anche in queste ore si contano morti e devastazioni. Ma al contempo un eventuale mandato di arresto creerebbe una situazione difficile anche a livello di politica interna.

Per quanto la Corte dell’Aja non si sia espressa, né siano state pubblicate dichiarazioni ufficiali in merito alla vicenda, si dà per scontato che un mandato d’arresto nei confronti del premier israeliano, del ministro della Difesa Yoav Gallant e del capo di stato maggiore Herz Halevi verrà emesso in questa settimana. Secondo il New York Times, la CPI intenderebbe perseguire Netanyahu, Gallant e Halevi per non aver permesso alla popolazione di Gaza di beneficiare degli aiuti umanitari. Anche se altre fonti fanno riferimento a un vecchio procedimento della Corte che non ha a che fare con la guerra in corso, ma con la precedente disputa tra Tel Aviv e Hamas, sempre sulla Striscia, del 2014, e con gli insediamenti illegali israeliani in Cisgiordania. Una fonte ben informata, scrive il giornale francese Le Monde, avrebbe invece confermato al quotidiano domenica che l’”evento è imminente”: si parla in linea generale di un inizio di procedimento a carico dei tre esponenti civili e militari israeliani, senza però dare informazioni dettagliate su quanto potrebbe decidere la Corte dell’Aja nel prossimo futuro.

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Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha detto venerdì che Israele “non accetterà mai alcun tentativo della CPI di minare il suo intrinseco diritto di autodifesa“. “La minaccia di colpire i soldati e i funzionari dell’unica democrazia del Medio Oriente e dell’unico stato ebraico del mondo è oltraggiosa. Non ci inchineremo ad esso”, ha pubblicato Netanyahu sul social X. Gli fa eco il ministro degli Esteri Israel Katz, che sempre su X ha tuonato contro la Corte la quale a detta sua dovrebbe astenersi “dall’emettere mandati di arresto contro alti funzionari politici e della sicurezza israeliani“.

Nel dicembre 2023 il procuratore della CPI Karim Khan, in visita a Rafah, parlò di un inizio delle indagini da parte della Corte sia sui crimini israeliani che quelli commessi da Hamas. Subito dopo i fatti del 7 ottobre invece, sempre Khan parlò ai giornalisti dicendo che la Corte aveva “giurisdizione su qualsiasi potenziale crimine di guerra commesso dai combattenti di Hamas in Israele e dalle forze israeliane nella Striscia di Gaza“.