Criminalistica e criminologia. Quali differenze?

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Investigazione, criminalistica e criminologia

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Sfogliando l’Enciclopedia Treccani con il termine investigazione si intende quel processo di “ricerca attenta, accurata e minuta della verità sia nell’ordine intellettuale sia riguardo a cose pratiche e soprattutto a indagini poliziesche”. In quest’ultima fattispecie, in particolare, si fa riferimento alla meticolosa ricerca di quelle tracce attraverso le quali l’inquirente cerca di accertare la veridicità di un determinato evento criminoso.
Il concetto de quo ha tuttavia un significato più ampio di quello appena esposto, poiché ricomprende due forme di indagine. Da una parte abbiamo infatti la cosiddetta investigazione preventiva la quale, con finalità prettamente informative, analizza i fenomeni criminosi in una fase antecedente alla loro commissione. Dall’altra si collocano gli accertamenti giudiziari che presuppongono invece il verificarsi di un episodio delittuoso, rappresentando quindi una forma di investigazione ex post che viene svolta sulla scena del crimine e nei laboratori specializzati.
Nota anche come indagine diretta tecnico-scientifica – o acquisizione probatoria oggettiva – quest’ultima assume particolare importanza nella fase delle indagini preliminari, poiché permette di raccogliere ogni elemento utile per la ricostruzione del fatto-reato e per l’identificazione del colpevole. Accanto a queste vengono effettuate le indagini indirette di acquisizione probatoria soggettiva che si svolgono, al contrario, tramite la raccolta delle testimonianze e delle informazioni che non sono rilevabili sulla scena del delitto, ma che comunque, al pari delle altre, devono essere ottenute nel rispetto delle norme di procedura penale.
Un elevato impegno professionale e un’adeguata preparazione specialistica rappresentano le premesse per il loro svolgimento, pertanto i risultati cui devono giungere devono necessariamente essere oggettivi e formalmente ineccepibili per essere utilizzati in sede dibattimentale.
Strettamente correlata alle indagini investigative, la criminalistica ne rappresenta l’ufficiale e accademica formalizzazione, poiché ricomprende quel complesso di accertamenti tecnici che viene svolto a seguito di un episodio criminoso durante la fase investigativa. La disciplina de qua analizza le tracce del delitto attraverso un metodo rigorosamente scientifico che implica il necessario coinvolgimento di specialisti in varie discipline attraverso la cui sinergia risalire, partendo dagli indizi rilevati sul locus commissi delicti, alla ricostruzione delle fasi del fatto-reato e all’identificazione del colpevole.
images.jpg34Compito del criminalista è pertanto quello di far “parlare” la scena del crimine, al fine di avvicinarsi il più possibile alla verità storica dell’evento. È dunque un cercatore di tracce che, in funzione del principio di interazione di Locard, sono rinvenibili tanto sull’autore – da qui l’importanza delle indagini indirette precedentemente citate – quanto sulla scena del crimine. Appartenenti alla categoria degli indizi – dal latino indicium che significa letteralmente segnale o indicazione – le tracce assumono un valore di evidenza empirica, ricomprendendo qualsiasi elemento che si ricollega al compimento di un atto, in questo caso di natura criminosa. È quindi tramite la loro individuazione e la successiva analisi che si pongono le basi scientifiche per intraprendere qualsiasi attività investigativa.
Se la criminalistica si occupa della raccolta e dello studio tecnico-laboratoristico delle tracce in base a rigide procedure approvate dalla comunità scientifica, la criminologia si occupa dell’analisi del comportamento criminoso del reo in quanto individuo avente proprie caratteristiche psico-biologiche e socio-culturali. In funzione di questa differenziazione, è quindi possibile distinguere un indirizzo clinico, finalizzato allo studio della personalità del soggetto e alla ricerca di eventuali patologie psichiatriche potenzialmente correlate con l’alterazione della capacità di intendere e di volere, e una branca tradizionale che invece, considerando la devianza un fatto sociale di natura prettamente “politica”, analizza il contesto a livello del quale è maturato il delitto per studiarne le variabili culturali, economiche e socio-relazionali che possono aver influito sull’autore.
Si intuisce quindi l’eziologia multifattoriale della disciplina in esame, evidenziandone la funzione di “contenitore” di conoscenze multidisciplinari le quali, per una soddisfacente analisi del fatto-reato, devono necessariamente integrarsi, senza rivendicare alcun tentativo di predominio, considerato una circostanza sterile e fine a se stessa ai fini di un incremento del background conoscitivo della criminologia medesima.
A differenza della criminalistica, la quale si basa sul metodo scientifico che le fornisce obiettività e verificabilità facilitanti il processo decisionale in sede dibattimentale, la disciplina de qua, appartenendo alle scienze sociali e avvalendosi di un modus cogitandi prevalentemente deduttivo, giunge a risultati difficilmente oggettivabili, non trovando quindi spazio nel processo penale.
A questo contribuisce certamente anche il fatto per il quale, non essendo giuridicamente protetta a causa dell’assenza – nella realtà italiana – di un ordine professionale che la regolamenti, la figura del criminologo stenta a delinearsi in modo chiaro e definitivo, permettendo a varie professionalità come lo psichiatra o l’antropologo di sfruttarne l’eclettica identità per analizzare, rimanendo nell’ambito delle proprie competenze, l’evento delittuoso del momento.
Nel nostro paese, a causa della prevalenza di un’impostazione positivistica nell’esaminare la questione criminale, sono gli psichiatri e gli psicopatologi forensi a essere maggiormente coinvolti, come periti nominati dal giudice o come consulenti interpellati dalle parti, in sede giudiziaria per esprimersi sull’imputabilità del reo. Agli altri specialisti al contrario, in primis ai sociologi ai quali – a mio avviso – andrebbe riservata una maggior considerazione – soprattutto se consideriamo il crimine come un fatto prettamente sociale che si realizza nella dimensione intersoggettiva – non rimangono che l’insegnamento universitario o la possibilità di essere nominati giudici onorari presso il Tribunale di Sorveglianza o presso quello dei Minorenni.
Agli psicologi, infine, è riconosciuta – almeno dal punto di vista formale – la possibilità di contribuire alla stesura del profilo dell’ipotetico criminale per integrare e indirizzare le attività d’indagine. Il tutto, in Italia, sotto la supervisione di un medico psichiatra. E finora non si è registrata nessuna significativa inversione di tendenza.