Crisi di governo: Draghi è vittima o regista?

Genesi della caduta del governo Draghi e impatto sulla nuova campagna elettorale

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato lo scioglimento delle Camere e il voto anticipato è previsto il 25 settembre, entro 70 giorni massimi dalla firma del decreto, come la Costituzione prevede. Il 21 luglio si è di fatto conclusa l’esperienza di governo per Mario Draghi che resta in carica per il disbrigo degli affari correnti. 

Tutto è precipitato nelle 24 ore precedenti, che da complicate sono diventate convulse, e i media si sono scatenati il giorno dopo alla caccia al titolo più sensazionalistico che spazia dal “Vergogna” della Stampa a “L’Italia tradita” di Repubblica che si schierano con Draghi come vittima dei partiti. Sul versante del centrodestra, Il Giornale diretto da Augusto Minzolini ha scelto un’apertura opposta: “Draghi si affida al Pd e si fa esplodere“.

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i 17 mesi di Mario Draghi a Palazzo Chigi

Draghi è quindi una vittima per i suoi sostenitori e un regista dell’operazione per critici o avversari. La crisi, aperta dai grillini di Conte, ha trovato adesso due nuovi capri espiatori: Lega e Forza Italia. Ma, per capire meglio i fatti, conviene riavvolgere il nastro e raccogliere una serie di indizi.

Draghi ha sempre detto di aver accettato  senza entusiasmo la guida di Palazzo Chigi e, già lo scorso anno, le sue ambizioni quirinalizie erano emerse agli occhi di numerosi osservatori politici. Non è sfuggito, infatti, che Draghi non ha fatto salti di gioia quando ha fallito l’obiettivo Quirinale.

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Lo stesso Draghi il 22 dicembre 2021 aveva affermato: “Abbiamo consegnato in tempo il Pnrr (piano Nazionale di ripresa e Resilienza, ndr) e raggiunto i 51 obiettivi. Abbiamo creato le condizioni perché il lavoro sul Pnrr continui. Il governo ha creato queste condizioni indipendentemente da chi ci sarà (alla guida, ndr).

A dire il vero, gran parte dei provvedimenti del Pnrr sono ancora sulla carta perché devono passare sotto le forche caudine della nostra burocrazia. Non a caso, parecchi primi cittadini, a cominciare dal piddino Dario Nardella sindaco di Firenze, hanno dichiarato di faticare a districarsi con la matassa burocratica, legata alle realizzazione delle opere infrastrutturali, e denunciano che numerose imprese potrebbero non partecipare ai bandi di gara a causa dell’aumento dei costi delle materie prime.

Gli ultimi mesi convulsi dell’esecutivo Draghi

Già a febbraio 2022, prima dello scoppio della guerra russo-ucraina, il bilancio dell’esecutivo Draghi, pur protagonista della campagna vaccinale e del Pnrr, era in chiaroscuro a causa dei costi in crescita dell’energia, l’esplodere dell’inflazione e i compromessi con una coalizione di governo eterogenea e difficile da gestire.

Draghi ha comunque proseguito il suo lavoro di premier, anche nei mesi rocamboleschi legati alla guerra russo-ucraina e relative sanzioni con nuovi aumenti energetici e crescita preoccupante dei costi di materie prime e generi alimentari.

La genesi della crisi

Il 17 giugno scoppia la crisi politica a causa dei 5Stelle di Giuseppe Conte che contestano la realizzazione del termovalorizzatore a Roma con conseguente scissione di una sessantina di parlamentari, guidati da Di Maio e sostenitori di Draghi, che danno vita al nuovo movimento “Insieme per il futuro“.

Lega e Forza Italia propongono un nuovo patto di governo senza i grillini che sono stati gli artefici della crisi, ma a questo punto emergono le interessanti reazioni di Mario Draghi alle proposte del centro-destra di governo:

  • “Senza 5Stelle io non vado avanti” ha dichiarato più volte perentorio il premier
  • Draghi ha convocato di prima mattina a colloquio Enrico Letta alla vigilia della crisi come probabile interlocutore privilegiato nel rapporto con i 5Stelle e, solo obtorto collo e su pressione di Sergio Mattarella, anche Salvini e Berlusconi in serata
  • Il premier ha rifilato bacchettate evidenti non solo ai 5Stelle, ma anche al centro-destra durante il suo discorso al Senato
  • Ha fatto più riferimento al consenso popolare (sindaci e associazioni che gli chiedevano di rimanere) che all’arco parlamentare durante il suo intervento
  • Ha proposto infine di votare la mozione Casini del Pd che non prevedeva un nuovo esecutivo senza i pentastellati, sapendo che sarebbe stato l’ennesimo schiaffo al centro-destra.

Secondo i critici, Draghi ha ottenuto quello che voleva: coinvolgere altri partiti nella crisi, addossargli la colpa per renderla irreversibile e sfilarsi con la massima eleganza da Palazzo Chigi, magari in vista di nuovi orizzonti di gloria a livello di carriera internazionale.

La posizione dei media

I giornali sono spaccati sulla crisi: più critici verso la strategia di Draghi quelli di centrodestra (Il Giornale, Libero e La Verità), più propensi a descriverlo come una vittima Repubblica, Stampa e Corriere delle Sera. In posizione più equidistante appare il Messaggero.

Di certo, nessuno ha dimenticato l’abilità tecnica di Draghi come presidente della BCE, il suo “Whatever it takes” e il famoso bazooka con acquisto di titoli sui mercati secondari che lo ha messo in urto più di una volta con il falco ed ex presidente della Bundesbank Jens Weidmann.

Ma la politica italiana è un’arena ben diversa e, per quanto Salvini e Berlusconi possano aver commesso errori, che sono costati a entrambi cali di consenso, è discutibile dipingere Lega e Forza Italia come registi della crisi, relegando il ruolo di Giuseppe Conte in secondo piano come tendono a fare alcuni media. 

Per quanto le fibrillazioni in maggioranza durassero da tempo, con scontri tra Pd e centro-destra su “Ius soli” o “Ius scholae”, cannabis libera e infine sul problema del termovalorizzatore agitato dai 5Stelle, ci sono convergenze di analisi tra giornalisti di opposta tendenza, come Augusto Minzolini e Piero Sansonetti, che considerano Mario Draghi tutt’altro che ingenuo a livello politico, stentano a considerarlo vittima delle circostanze e lo ritengono, al contrario, l’abile nocchiere della crisi che ha pilotato come voleva.

Le dimissioni di Draghi al centro della campagna elettorale

Di certo, la crisi ha preso tutti di contropiede e persino Giorgia Meloni, all’opposizione di Draghi e fautrice di nuove elezioni a sempre, non si aspettava che la situazione precipitasse così all’improvviso da indurre il capo dello Stato a rompere gli indugi e a indire nuove elezioni. 

Resta la domanda iniziale: la crisi politica è opera dei partiti o è stata sapientemente gestita dal premier? Se i sostenitori di Draghi escludono categoricamente la seconda ipotesi, i suoi critici si ispirano invece all’insegnamento della regina del giallo Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”

E, a dire il vero, gli indizi di questo intricato giallo non mancano per alimentare il dibattito sulla rinuncia di Draghi, nonostante avesse ancora una maggioranza parlamentare. L’argomento sarà di sicuro al centro di questa campagna elettorale che si preannuncia infuocata.