Dal pane nero al pane bianco: a Milano, Pal. Moriggia.

Dal 1935 all’immediato Dopoguerra, in Italia, attraverso l’ultimo conflitto mondiale: dunque dall’epoca fascista fino al ritorno graduale e non facile alla normalità: dell’alimentazione di questi anni parla la mostra “Dal pane nero al pane bianco. L’alimentazione in Italia tra fascismo, guerra e Liberazione”, realizzata in occasione dell’Expo 2015, appena inaugurata – il tema è infatti l’Alimentazione nel mondo– e, non di meno, per i 70 anni dalla Liberazione.

Dopo l’invasione dell’Etiopia, a causa delle misure economiche adottate contro l’Italia, fu lanciata una campagna per “l’autarchia alimentare” , perchè la gente abolisse o limitasse il più possibile il consumo dei generi più carenti. In realtà l’alimentazione italiana era già cambiata da tempo, subendo una forte diminuzione. Con l’inizio della guerra, nel’40, la situazione peggiorò ulteriormente, a tal punto che i giardini pubblici delle grandi città divennero orti dove piantare grano, zucchine, patate…Il peggio tutavia arrivò con l’occupazione dei Tedeschi, che requisirono tutti gli stabilimenti alimentari... la cifra dele razioni quotidiane di cibo era di 911 grammi, non parliamo poi degli stipendi…Iniziarono così gli scioperi  operai del ’43 nel Nord: nel luglio di quell’anno Mussolini fu deposto e l’8 settembre l’Italia firmò l’Armistizio, deponendo le armi contro gli Americani e abbandonando i Tedeschi, che erano diventati nemici: la situazione quindi era divenuta drammatica…

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Gli operai chiedevano che venissero raddoppiati gli stipendi, i generi razionati e aumentati i salari che venivano pagati per metà in generi alimentari. A tal punto la gente era disperata che il 4 maggio venne aperta una “mensa collettiva“, dove ogni giorno i cittadini potevano a mangiare o portare a casa una minestra e una pietanza per 4 lire…Alla fine della guerra si calcolò che l’apporto calorico pro-capite al giorno italiano era tra i più bassi d’Europa...Il latte era concesso solo ad alcune fasce d’età, principalmente i bambini…,la carne era un incredibile lusso…Solo dagli anni’50 finalmente fu assicurato il libero mercato e la vita ricominciò a riprendere…

Questa è la sintesi, documentata ampiamente da giornali con vignette, articoli, manifesti, scritti e commenti di ogni genere, cifre eloquenti…In particolare, la politica autarchica del regime fascista era stata la risposta alle sanzioni stabilite dalla Società delle Nazioni nel novembre ’35 contro l’Italia per l’aggressione contro l’Etiopia. Per questo gli italiani erano stati invitati alla” sobrietà”, divenuta quasi una parola d’ordine diffusa da tutti i giornali. La “parsimonia alimentare “era diventata un”dovere civico”. Bisognava evitare qualunque spreco. Tuttavia alcuni settori della popolazione cominciarono a lamentare il peggioramento dell’alimentazione: “…famiglie che non sanno cosa mangiare…, che hanno impegnato le coperte del letto con la speranza di poterle disimpegnare… e che non potevano farlo…”

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“In un altro articolo si legge: “la campagna per sostituire il consumo della verdura a quello della carne…ha creato 20.000 piccoli orti di famiglia…”Un manifesto di propaganda fascista firmato da Mussolini invitava a non sprecare il pane. Si diffondevano le ricette”autarchiche”, buone e contro gli sprechi. Anche la scuola fu impegnata  in questa campagna: in letture, compiti e dettati venivano esaltati i progressi del paese nel produrre “surrogati” che sostituissero i prodotti stranieri…Persino gli allievi dovevano esercitarsi nel creare piccoli orti.

Come si è detto, però, la propaganda fascista fece ben poca strada: con l’inizio della guerra, già “nell’ottobre dell’40 venivano tesserati olio, strutto, lardo e altri grassi”, per finire con pasta e riso. Nel’41 fu la volta del pane. Poichè le razioni di 150 gr. di pane bastavano per 1/3 del fabbisogno cal., non restava che la borsa nera…Quando cominciò l’occupazione tedesca, nel’43, sparirono dai negozi persino la frutta e la verdura. Si legge:”Andavamo sempre tutti in compagnia a prendere il pane con la tessera e percorrevamo 2/3 km a piedi…”(Fondo Rai, La mia Guerra). Furono fatte anche manifestazioni davanti ai municipi.

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A volte anche le formazioni partigiane nascoste sulle montagne restavano per giorni interi senza cibo e cercavano di resistere, acquistandolo dai contadini. Una foto testimonia un prelievo di generi alimentari da parte di partigiani della Va d’Ossola. In altre”ci si concede un po’ di vino”…Una interessante fotografia in piazza del Duomo a Milano  ha immortalato il giorno del 26 luglio 1943, in cui cadde il regime fascista.

“Il gusto della libertà. Il pane nero diventa pane bianco” si intitola l’ultima sezione.

“Venne il giorno della Liberazione. Il 25 aprile 1945 ci fu ovunque una grande festa...la gente oppressa, stanca…tornava a sorridere. Ricordo che quel giorno andai in piazza con i miei genitori. Arrivarono i partigiani ... e gli americani….sfilavano tra l’euforia generale e...gettavano sigarette, caramelle e cioccolato…”(Fondo Rai,” La mia guerra”).

2347 calorie al giorno contro le 3000 di britannici e americani contavano gli alimenti italiani alla fine della guerra. Per fortuna vennero in soccorso gli aiuti della United  Nation Relief and Rehabilitation Amministration. Finalmente pesce, verdura, vino e frutta poterono essere acquistati al mercato libero, anche se funzionava ancora più spesso quello”nero”.

Dagli anni’50 però il mercato libero si aprì completamente, aumentarono trattorie e ristoranti, e la normalità tornò insieme al sorriso nelle case…

Grazia Paganuzzi