Liliana Resinovich: la perizia della procura parla di suicidio

Svolta nel caso di Liliana Resinovich: secondo i consulenti della procura di Trieste la donna si è tolta la vita.

Svolta nel caso di Liliana Resinovich: i consulenti della procura di Trieste parlano di suicidio. Liliana avrebbe dunque messo lei stessa fine alla sua vita. A dirlo è stata la recente perizia da parte degli addetti che confermerebbe l’evento. La scomparsa di Liliana risale allo scorso 14 dicembre a Trieste; il suo corpo senza vita è stato trovato nel parco dell’ex ospedale psichiatrico della città il 5 gennaio scorso.

Liliana Resinovich: incertezze sulla data di morte

Permangono ancora dubbi sulla reale data di morte di Liliana Resinovich. Secondo i consulenti della procura la 63enne si sarebbe tolta la vita e il decesso sarebbe comunque avvenuto due o tre giorni prima il ritrovamento del cadavere. Liliana non è stata dunque uccisa. Nel corso delle indagini gli inquirenti si erano concentrati su due persone: il marito Sebastiano Visintin e l’amico Claudio Sterpin.

- Advertisement -

I risultati dei consulenti della Procura

Il caso di Liliana Resinovich sembra avere finalmente una soluzione dopo che il professore di Medicina legale Fulvio Costantinides e il dottor Fabio Cavalli (medico radiologo) hanno firmato la bozza della relazione destinata all’oservazione dei consulenti di parte. Come informa FanPage, all’interno della bozza della relazione, gli esperti hanno espresso i risultati dell’autopsia e degli esami tossicologici.

Escluso l’utilizzo da parte di Liliana Resinovich di farmaci o sostenze stupefacenti. Dalle analisi degli esperti i sacchi integri che contenevano il corpo della donna risultano essere “poco compatibili” con un episodio di aggressione e con il trasporto del cadavere in un “ambiente impervio”. Escluso di conseguenza “qualsivoglia segno ragionevolmente riportabile a violenza per mano altrui” così come manca qualsiasi lesione che comprovi un’eventuale difesa da parte della donna.

- Advertisement -

Non si esclude la morte per asfissia

Nonostante i sacchetti non siano stati trovati stretti al collo, i medici non hanno escluso una possibile morte per asfissia, poiché “se è vero infatti che basta l’inspirio per far aderire il sacchetto agli orifizi del volto cagionando deficit di ossigeno, tale aderenza può essere anche intermittente o addirittura non esserci essendo sufficiente per il soffocamento l’accumulo progressivo di anidride carbonica espirata ed il rapido consumo dell’ossigeno nel poco volume aereo offerto dal sacchetto”.