L’impatto di un centro commerciale sull’economia di una città. Analisi criminologica del caso Forlì

L’impatto di un centro commerciale sull’economia di una città. Il caso Forlì.
Da quando, ormai tre anni fa, nella prima periferia di Forlì è stato aperto il centro commerciale “Punta di Ferro” per le strade del centro cittadino, complice anche la crisi economica internazionale di cui ancora non si vede la fine, si respira un’aria diversa.

Certo, questo evento non rappresenta la causa principale di tutto questo, ma molti esercizi commerciali hanno chiuso i battenti e i pochi imprenditori che ambivano ad aprirne di nuovi hanno dovuto rivedere i propri piani, lasciando vuoti moltissimi immobili sulle cui vetrine non rimangono che malinconici cartelli colorati a tinta unita recanti la scritta “vendesi” o “affittasi”. Il “capitale sociale” dell’area che fino a qualche anno fa rappresentava il cuore pulsante della cittadina si è progressivamente ridotto, contribuendo, in una sorta di fatale displacement, a fare la fortuna delle catene della grande distribuzione che hanno deciso di investire nel centro commerciale. Impatto centro commerciale caso forlì

Basta inforcare la bicicletta e imboccare la prima pista ciclabile per rendersi conto del vuoto che le scelte dell’amministrazione e dell’imprenditoria locale hanno prodotto.
Se durante le ore diurne, grazie alla presenza delle facoltà universitarie che richiamano un elevato numero di studenti/potenziali clienti, Corso della Repubblica, la principale arteria cittadina, si anima di presenze, voci e suoni che alimentano le speranze di chi ancora resiste, è con il calare della sera che la situazione si fa desolante.

Complice la chiusura degli uffici e delle scuole, bastano veramente pochi minuti per raggiungere Piazza Saffi, avendo come principale sottofondo il suono della catena della bicicletta che stride fra le ruote.
Ecco che Forlì, il “paesone” della Romagna, ci appare come un piccolo centro del Nord Italia: serrande abbassate – molte delle quali non saranno rialzate all’indomani – e poche persone che scorrono velocemente davanti alle sparute vetrine ancora allestite. Se non fosse per l’illuminazione pubblica, più che adeguata rispetto ad altre realtà nazionali, potremmo affermare di essere in presenza di quel substrato criminogeno che i vari autori citati nel contributo della Professoressa Sette identificano come il principale fattore predisponente l’attività deviante.Impatto centro commerciale caso forlì

Seppur necessaria, la luce dei lampioni non è tuttavia sufficiente per impedire ai malintenzionati di agire. Negli ultimi tre anni, infatti, sono aumentati i furti e gli episodi di vandalismo raggiungendo, nel 2012, l’acme nella frazione di San Martino in Villafranca: la vicinanza delle grandi arterie di scorrimento veloce aveva reso il quartiere il principale bersaglio dei ladri e dei rapinatori i quali, dopo aver messo a segno il colpo, si dileguavano rapidamente per i campi fino ai mezzi parcheggiati nelle varie piazzole di sosta autostradali.

Poco tempo dopo anche nel centro cittadino si è registrato un sensibile incremento dei medesimi episodi, il cui numero si è tuttavia stabilizzato da qualche mese a questa parte. Il motivo? Ritengo che sia arduo identificarlo, ma iniziative come “Forlì cammina” e “Vivi la città” hanno contribuito al raggiungimento dell’obiettivo richiamando l’attenzione dei cittadini che vi hanno partecipato numerosi, tanto da suscitare l‘attenzione dei media nazionali (Rai3).
E’ proprio tramite iniziative di questo tipo che, a mio avviso, Forlì può attivare quei meccanismi di controllo informale necessari, soprattutto se agiti in chiave preventiva, a incentivare quella sorta di solidarietà metropolitana finalizzata a una più armonica convivenza sociale.

Tuttavia è chiaro che tali interventi da soli non sono sufficienti. A essi se ne dovrebbero affiancare altrettanti, come una più razionale pianificazione degli interventi architettonici tanto nell’edilizia pubblica che in quella privata – meglio se ispirati agli studi condotti, per esempio, da Jacobs e da Newman – così da evitare la creazione di pericolosi “coni d’ombra” rappresentati dalla sovrapposizione di vicoli, strettoie e passaggi impervi che caratterizzano il centro di molte città italiane.
Ritengo inoltre opportuna la costante manutenzione degli spazi pubblici i quali se trascurati, come ci ricordano Wilson e Kelling tramite la “Broken Windows Theory”, possono favorire la commissione di atti devianti a danno dell’intero contesto.

Concludendo, fermo restando l’importanza di tali interventi, penso che sia fondamentale investire soprattutto sul settore sociale perché la cosiddetta “città ideale”, se priva di una comunità compatta e solidale, non può ritenersi tale.

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