“Nella città non ci sono cisterne, ma ci sono sorgenti naturali,ottime da bersi, limpide, salubri, in ogni casa è posta una bella fontana“, detta “pozzo d’acqua viva”, scriveva Bonvesin de la Riva. “Rogge che lambiscono vicoli bui,e stabili di ringhiera; giovani lavandaie sulle sponde dei canali,...all’ombra di svettanti campanili…intrichi di stradine sovrapposte a fossati…Li attraversano carrozze…,”strilloni…,gentiluomini a passeggio…”Il popolo minuto si attarda ai carrobbi e l’elegante borghesia affolla i caffè…”in particolare quello del Duomo e l’albergo del Robecchino.”Di questa Milano parla la mostra “Milano città d’acqua”, aperta presso Pal. Morando fino al 14 febbraio ’16. Erano i tempi in cui nei salotti nascevano i primi ideali risorgimentali.
Evoca nostalgia il ricordo della città ottocentesca fondata sull’acqua sin dal Medio Evo.Le immagini più evocative di quest’epoca, le più importanti per il loro valore, sono qui esposte da”Spirale d’idee”. Le foto sfilano una dopol’altra a partire dalla grande tela del Naviglio Pavese, in cui si riflette la luce del cielo, mentre grige lo fiancheggiano le case e le strade attraversate da carretti.La zona risalirebbe all’epoca pre-viscontea, il 1257. Il canale fu poi completato all’inizio dell’800,sotto la spinta di Napoleone.La sua storia cominciò cominciò nel 600, sotto un signorotto spagnolo,mentre l’inaugurazione si svolse ben due secoli dopo, nel 1819, quando Milano fu collegata a Pavia. In una stampa di Cherubin fu immortalato il “Pozzo di piazza dei Mercanti” del 1836, conosciuta allora anche come” piazza dei Tribunali”, che ospitava uno dei più antichi pozzi pubblici. Il nome fu preso dall’Azzeccagarbugli,celebre personaggio manzoniano, divenuto sinonimo di chi”infestava “i vicini tribunali
Luminosi per i riflessi dell’acqua, arricchiti da ponti e rogge, i canali del Naviglio finivano nelle campagne intorno a Milano. Sotto i ponti, dove la gente si fermava a contemplare il corso d’acqua, come ne“Il Naviglio Grande al ponte di Bernate Ticino anni’40”, passavano imbarcazioni piccole e grandi, da quelle mercantili a quelle dei pescatori. La prima conca, tuttavia, fu realizzata molto tempo prima, nel 1400,rivoluzionando la navigazione fluviale. Nel 1928 il Naviglio arrivava ancora davanti alla bella antica chiesa di San Marco, fiancheggiato dalle ringhiere a colonnato. Ve n’erano molte oltre a questa: quella di via Senato o di via Varenna... La conca, il cui progetto fu ritrovato anche in un rilievo di Leonardo da Vinci, aveva la funzione di far risalire le barche dal laghetto al Naviglio. Di solito erano” cariche di blocchi di pietra, risalendo al laghetto di S.Eustorgio, e poi a quello di S. Stefano, vicino alla fabbrica del Duomo. In seguito la conca della Fabbrica rimase isolata,cosi fu deciso di riaprire il bacino,con l’obiettivo di realizzare un porticciolo”...a servizio cittadino. Le acque erano necessarie anche per i molti lavori artigianali, come quelli dei conciatori di pelle, o i fustagnari per la preparazione della carta…
“Si trovano nella nostra terra i fabbricanti di armature in numero notevolissimo...”, scriveva nel 1330 Galvano Fiamma. Di tutto questo è rimasto il ricordo in via Molino delle Armi, così “detta perchè all’epoca era ricca di opifici, le cui macchine venivano azionate dall’acqua...”Magnifica è l’immagine del luogo dove confluivano le acque del Seveso, del Nirone e della Trebbia…, ricca di riflessi, i candidi palazzi che si specchiano nelle acque, i comignoli sui tetti…
Il magnifico Ponte delle Sirenette, dalla balaustra traforata in ferro, al di sopra di scalette e stradine, incanta ancora come quello degli Olocati di via Vallone (1929). A metà degli anni’20 in via Cesare Correnti è stata immortalata la fila di macchine dell’epoca..e poi,in vari punti della città, i magnifici giardini che straripano da un muretto sul Naviglio, le vecchie case che si tuffano nell’acqua,e le cancellate e balaustre dei parchi…(Pal.Visconti).”
“Nel 1895 la Canottieri Olona organizzò una gara di nuoto proprio…“durante“i tre giorni della merla,” i più freddi dell’anno, lungo l’acqua fumosa dalle “darsene verso S.Eustorgio”. Dagli anni ’20 iniziarono a zampillare sempre più numerose le fontane, tanto da dare il nome ad una piazza. Bellissima è quella di piazza S.Angelo,ma addirittura spettacolare è la vista dall’alto di piazza Giulio Cesare con la fontana delle 4 Stagioni o quella di piazza Castello, che pare brillare di luce nella notte.
Immensa è la tela dell’Idroscalo, con la gente stesa a prendere il sole come al mare, mentre barche e canottieri scorrono sull’acqua. Un’immagine immortala il sollevamento dell’acqua in via Palestro...”.Le rogge, i canali, i Navigli sono scomparsi col loro monarca: tutto è sepolto.Dicono che…puzzavano. Ma non puzzano forse anche le acque di Venezia?…Per me,ve lo dico senz’altro, si è sbagliato tutto.” – scrisse Delio Tessa– Così accadde, pian piano fu tutto coperto, tranne nella zona sud, dove è rimasto un pallido ricordo…Non si sa più nemmeno che via Vettabia prende nome da un antico canale sin dall’epoca romana….Eppure già da metà Ottocento erano stati costruiti i primi bagni...Negli anni’30 ormai la folla affluiva nei costumi dell’epoca alle Piscine come il Lido, o la Piscina Romana e la Caimi, in fronte ai cipressi, mentre sull’altro lato, come un ricordo lontano, sfilano ancora le lavandaie nei primi dell’800 sulle barche e ai lavatoi. Tornano alla mente i bei ponti, le rogge e gli antichi vicoli che si specchiano coi palazzi nell’acqua...Era questa la Milano di una volta, una Milano da ricordare…
Grazia Paganuzzi