Siete nella solita libreria di sempre. Ma notate subito che qualcosa non torna. A cominciare dal fatto che siete soli. Vi avvicinate alle sezione “Gialli” ma un nastro adesivo dello stesso colore dei libri che s’intravedono oltre vi blocca la strada. Lo scavalcate e aguzzate gli occhi. C’è un uomo sul pavimento. Dorme il suo lungo, eterno sonno li, su un futon di globuli rossi e pezzi di cranio. Non vi fate prendere dal panico. A pochi passi notate, cerchiato con del gessetto, un “mattone” di 879 pagine in copertina rossa, incrostato di sangue e polvere. Non vi interessa se inquinerà le prove, lo prendete in mano dal retro e leggete: Einaudi, 22 euro. Un lento rumore di tacchi vi distrae prima che possiate capovolgerlo.
Buon Dio.
L’avevate già vista nel più sudato dei vostri sogni, probabilmente. Vi si avvicina lenta e sinuosa, pericolosa e sensuale: una Venere assassina in abito da sera. Deglutite. Volete che il vostro cuore scenda al posto giusto. Diamine, neanche immaginavate che potesse pompare tutto quel sangue. “Sono una bambina molto, molto cattiva Detective”, vi miagola sensuale in un orecchio, “merito una punizione, non credi?”. Quel profumo, quella vista, quel tutto vi sta bruciando gli occhi; ora è penetrato nel cervello, e sta incasinando tutto il resto del corpo. Fate un balzo famelico verso di lei ma il suo corpo bollente e i suoi artigli smaltati vi tengono lontano. “Oh non qui…voglio farlo dove tengono i libri di Fabio Volo e della Parodi”.
A quel punto vi svegliate.
Se siete tra quelli che quando sognano devono per forza trovarci un’ interpretazione, stavolta non sforzatevi troppo. La cosa è molto semplice. Avete iniziato per gioco, con qualche paginetta innocente di Clandestino. Poi un vostro conoscente vi ha proposto qualcosa di più forte: Dalia nera, L.A. Confidential, White Jazz. A quel punto, non c’è stato più nulla da fare. Ecco, la brutta notizia è che siete in astinenza da James Ellroy. Ve lo aveva detto mamma di non scherzare con quella robaccia; voi non l’avete voluta ascoltare e ora siete nei casini. Bravi, complimenti. Però non disperate, c’è anche una buona notizia. Ed è infatti con somma gioia che vi annuncio che il sultano della West Coast, il santo patrono, il cagnaccio rabbioso di L.A. è tornato. E morde ragazzi, morde forte.
Si autodefinisce un genio, il migliore scrittore di tutti i tempi e, con il suo ultimo lavoro, Perfidia, è pronto a dimostrarlo. Sentite cosa dice di se, ingrugnito come al solito:
“Sono un americano religioso, eterosessuale di destra, sembra quasi che sia nato in un’altra epoca. Non penso che il mondo collasserà a breve, non penso che l’America sia una forza diabolica, ma penso che l’America prevarrà nel mondo della geopolitica. Sono un cristiano nazionalista, militarista e capitalista. La gente spesso ha problemi al riguardo, pensa che queste mie posizioni siano shockanti. Non sento il bisogno di giustificare le mie opinioni. In generale mi ritengo felice, e le ossessioni che ho mi calzano alla perfezione. Nella mia vita mi sono concentrato su poche cose e da queste sono riuscito a trarre profitto. Sono molto bravo a trasformare la merda in oro.”
E’ il sano orgoglio di chi si è visto togliere tutto e se lo è ripreso alla grande. Per il piccolo James infatti, i guai arrivano molto presto. Nasce in un sobborgo di Los Angeles, in un contesto disagiato: padre violento e madre alcolista. Un triste giorno del 1958, la signora Ellroy verrà ritrovata in strada, brutalmente uccisa da una gang di teppisti. James ha appena compiuto 10 anni. Un cruento delitto che rimarrà impunito, influenzerà la sua produzione letteraria e lo segnerà per il resto della vita. Sette anni dopo, perde anche suo padre. Negli anni a seguire, quello che sarebbe diventato la principale divinità del Pantheon giallistico mondiale, trascorre un’ adolescenza allo sbando, tra alcool, droghe e delinquenza. Finirà in carcere e rischierà la morte più di una volta. Ma è trascinandosi per le lunghe e affollate strade della città degli angeli che James Ellroy, quasi aspettando un miracolo, metterà le ali e imparerà a volare.
Il suo primo lavoro, Prega Detective, risale al 1975 ma è negli anni ottanta che raggiunge la tanto decantata notorietà. Con la “tetralogia di Los Angeles”(che copre il periodo storico 1946-1958, e l’ultima data è significativa) composta da Dalia Nera, Il grande nulla, L.A. Confidential e White Jazz, James Ellroy si imporrà al grande pubblico. Da due di questi lavori verrà scritta la sceneggiatura di L.A Confidential e The Black Dahlia, entrambe riuscitissime pellicole, con un cast e una regia di primissimo livello. Prendendo questa serie di romanzi, tutti e quattro best sellers internazionali, come trampolino di lancio, Ellroy lavorerà – dalla metà degli anni novanta fino al 2009- al nuovo e ambizioso progetto della “Trilogia Americana” (periodo: 1958-1972) che comprende: American Tabloid, Sei pezzi da mille e Il sangue è randagio. Il tutto è intervallato dagli ottimi lavori della Los Angeles nera ( il ciclo di Lloyd Hopkins, i primi gialli politici) e da raccolte di racconti. Anche stavolta il successo è immediato e clamoroso. Scrive un romanzo, ne mette una in buca. Ma l’ambizione e la fame del pittbull del noir è tutt’altro che placata. Anzi, sembra crescere ad ogni pagina che firma.
E infatti è tornato con il una nuovo e imponente progetto della “seconda tetralogia Los Angeles”, con gli stessi personaggi già usciti dalla sua penna ( si esatto, nelle 10 ore giornaliere in cui lavora, scrive solo ed esclusivamente con la biro) e, sopratutto, torna con Perfidia, il primo pilastro di tutto il tempio.
Dice del suo ultimo lavoro:
Perfidia è il titolo di un brano( di Glenn Miller, ndr) circa del 1940 per orchestra jazz, vocale e strumentale, triste e malinconico. «Perfidia», in spagnolo, significa «tradimento». Perfidia è il titolo del mio ultimo romanzo. Il più ampio, il più dettagliato sul piano storico, il più accessibile stilisticamente e più intimo. È triste, è malinconico, è imbevuto di quel tradimento morale che è stato, in America, l’internamento dei cittadini giapponesi all’inizio della Seconda guerra mondiale.[…] Questo è un libro sul tradimento: politico, personale, romantico…un tradimento anche delle idee. Il tradimento è la storia stessa. ».
E’ questa la parola chiave: tradimento morale. E’ il tradimento morale dell’America, della storia e dei loro figli bastardi e dimenticati. Senza possibilità di scampo, tutti i personaggi del romanzo tradiscono e vengono traditi. E così, capitolo dopo capitolo, intrigo dopo intrigo, una delle pagine più controverse e criticate della storia americana viene riscritta. Dopo l’attacco giapponese alla base militare di Pearl Harbour infatti, quasi 120 mila giapponesi – di nazionalità americana e non – furono internati, su decreto sottoscritto dal presidente Roosevelt, in campi di concentramento e isolamento perchè ritenuti “quinte colonne”. Una grossa operazione di rastrellamento che sa di xenofobia e paranoia collettiva ma, in realtà, con lo scopo strategico di allontanare tutte le spie nemiche dalla costa occidentale. Intere famiglie giapponesi, italiane e tedesche furono deportate a Manzanar, a Poston, a Topaz, a Tule Lake e costrette a vivere in condizioni penose. I rapporti della Commissione d’inchiesta denominata ” giustizia personale negata”, istituita nel 1980 dal governo Carter, descrivono le condizioni degli internati come “non dissimili da quelle di Dachau e Buchenwald”. Risultano inoltre scarsissime le prove rinvenute a favore di forme di collaborazionismo con l’Asse da parte degli internati. E’ opportuno ricordare che, tra tutte le etnie di reclusi, solo i giapponesi ricevettero un risarcimento da parte del Governo.
Una parte di storia quasi dimenticata ( perchè, forse, troppo oscura) a cui la letteratura ha però dedicato tra le sue pagine più belle e appassionate. Ricordiamo, ad esempio, Il gusto proibito dello zenzero: struggente e impossibile storia d’amore tra i giovanissimi Henry, cinese, e Keiko, giapponese, nella grigia Seattle degli anni Quaranta. Bertold Brecht, emigrato a Los Angeles per sfuggire alla persecuzione nazista, dedicò molti versi delle sue poesie più belle ai cosiddetti “nemici della patria”; Spielberg diresse John Belushi nel (non proprio bello, ma divertente) 1941-Allarme ad Hollywood. E ora sta ad Ellroy tentare di non tradire la storia. Ci riuscirà? A voi l’ardua sentenza.
La vicenda – raccontata in tempo reale con precisione certosina – si svolge fra il 6( la viglia dell’attacco giapponese a Pearl Harbour) e il 29 dicembre del 1941 in una Los Angeles terrorizzata dall’imminente e spaventoso conflitto mondiale. Tra rancore antinipponico e venti interventisti che infuriano, vengono trovati i corpi di una famiglia giapponese di ceto medio. Seppuku o omicidio per il caso Watanabe? L’unica cosa certa è che il corrottissimo Dipartimento di polizia di Los Angeles, da sempre coinvolto in una guerra senza quartiere con l’F.B.I. di J. Edgar Hoover, avrà una bella gatta da pelare.
A muoversi in questo enorme caos, ingigantito dalla guerra e dalla paura, ritroviamo qualche nostra vecchia conoscenza, un caso che scotta e una sleale corsa contro il tempo. A dirigere l’orchestra c’è W.H. Parker(1902-1966), il più grande poliziotto del Novecento americano, apparso come personaggio secondario in tutta la “tetralogia di Los Angeles”. Qui è un trentanovenne capitano della Stradale con l’ambizioso progetto di sbaragliare i piani Sovietici, una volta vinta la guerra. Gli mancano solo: un infiltrato, un agente provocatore e un informatore. Il dream team che metterà su è un vero e proprio salto nel passato.
Ritroviamo, tanto per cominciare, la sensuale e spericolata Key Lake ( si esatto, quella di Dalia Nera; quella che si spupazzava i due Detective protagonisti). In Perfidia, Kay ha solo ventidue anni, ma è già piuttosto svelta. Fa da pedina ai piani antisovietici di “Whiskey Bill” Parker e rimarrà molto coinvolta nel caso Watanabe. E’ un personaggio a cui Ellroy è molto affezionato. Il suo preferito, dichiara convinto.
Il secondo membro della squadra è invece inedito. Si chiama Hideo Ashida. Segni particolari: ha ventiquattro anni, è un chimico geniale, è l’unico giapponese del L.A.P.D. , è omosessuale e farebbe di tutto pur di portare se e la sua famiglia via da Los Angeles. Anche immischiarsi in una storia molto più grande di lui.
E poi c’è lui. E’ il villain di tutta la prima tetralogia e, a mio parere, uno dei più affascinanti personaggi della letteratura noir mondiale. E’ quello che in L.A. Confidential, dopo essere diventato capo della polizia, si allea con la criminalità organizzata per il controllo della droga e delle prostitute; è quello che se gli prestaste 10 euro, ne ricaverebbe 10.000 e poi vi sparerebbe alle spalle dicendovi, magari: ” Questa è la città degli angeli pivello, e tu non hai ancora le ali”; è quello che sa tutto, vede tutto e conosce tutto; è l’autentica personificazione del tradimento, del potere sanguinario e della sete di denaro. Signore e signori, Perfidia è sopratutto il ritorno di Dudley Smith: il più astuto, bugiardo, carogna e infame figlio di buona donna che abbia mai solcato la Sunset Strip e Downtown. Ma nel primo volume della seconda tetralogia è solo un detective della Omicidi di trent’anni intento a tessere una complessa ragnatela di relazioni- tra cui la diva Bette Davis- al fine di trarre a proprio vantaggio il caso Watanabe, l’internamento giapponese e il rapporto con gli altri elementi della squadra. Scavalcando cadaveri, da burattino, diventerà burattinaio- ma questo, lo potevate già immaginare.
James Ellroy dirige questa volta una grande massa di individui, una grande massa di personaggi, imponenti indagini poliziesche, intrighi politici, grandi storie d’amore, affarismo bellico, complotti per sabotare l’Asse. Già dalle prime pagine è possibile intravedere quello stile unico che lo ha reso famoso, seppur con qualche piccola variazione sul tema. Innanzitutto c’è la Storia, quella con la “s” maiuscola. La storia di un popolo, la sua coscienza collettiva, la sua meschinità ma anche il suo coraggio, perchè no. In generale, è tutto molto ingrandito, a discapito delle basilari regole della letteratura gialla. Dunque, non chiamatelo noir, ha chiesto espressamente l’autore. Se non volete essere sbranati, scegliete ” noir storico” oppure “epopea gialla popolare”. E non è tutto. Anche il registro stilistico ha subito una radicale trasformazione. Ma, anche se c’è molta più introspezione e lirismo a scapito dei dialoghi secchi e quasi cinematografici che ci piacevano tanto, Ellroy prepara comunque una tanica di J’ n’ B on the rocks afrodisiaco e letale che si fa bere fino all’ultima goccia. A voi però, avere il fegato di ordinarla.
In ogni caso, anche i più accaniti fan dello scoltellamento e delle Glock 17 9mm parabellum ( non rintracciabili, ovviamente), resteranno comunque soddisfatti. I classici ingredienti dell’hardboiled (poco o niente whodunit per lui) non mancheranno: femmine fatali, sbirri corrotti, delinquenti, droga, ricatti, violenza, politica e intrighi di ogni genere. Sullo sfondo, una città degli angeli da cartolina. Da L.A. , con furore. E’ tornato il re, baby. Saluti e baci.