Nonostante l’area archeologica di Pompei fosse chiusa, archeologi, ricercatori ma anche inquirenti durante il lockdown hanno lavorato per scoprire nuove cose e anche per proteggere i beni del parco. Infatti, come spiega Silvia Lambertucci, intervistata dall’Ansa, carabinieri, procura di Torre Annunziata e l’amministrazione del parco presidiano un’area soggetta a furti di tombaroli e che è ricca di elementi archeologici da tutelare.
Pompei, due nuove storie da raccontare
La nuova scoperta riguarda due uomini, un quarantenne forse proprietario di una delle ville fuori la città ma a pochi passi dalle mura di Pompei, e il suo schiavo tra i diciotto e i vent’anni fortemente provato dalla vita. Gli archeologi hanno usato la tecnica dei calchi di gesso per ricostruire perfettamente i loro resti, la loro posizione nel morire e anche la collocazione. Ne viene fuori una scena drammatica, la morte non è avvenuta il giorno stesso dell’eruzione ma dopo, nel momento in cui ceneri e vapori non hanno dato scampo a nessuno.
Le due nuove figure sono distese come colte all’improvviso da qualcosa che le ha tramortite, non era la loro villa o casa, forse stavano scappando dalla città e hanno cercato rifugio in un posto chiuso senza però riuscire a salvarsi. Il ritrovamento è avvenuto a pochi metri dalle mura di Pompei, a Civita Giuliana. I ricercatori sempre in quest’area hanno ridato luce ad una stalla con animali perfettamente conservati, anche loro folgorati all’improvviso dall’eruzione vulcanica.
Le ricerche non si fermano, ecco cosa dovranno scoprire
Sulle due nuove figure bisognerà ricostruire bene la loro storia, il mantello di lana con cui l’uomo di quarant’anni usa per proteggersi è segno di benessere economico e sociale. Forse era il proprietario di una villa ma forse anche un militare, vista la vicinanza ad una zona dove venivano conservati cavalli e altri animali. Bisognerà cercare tra nuovi scavi e nella lettura di archivi storici per i riferimenti anagrafici su questi due ritrovamenti.
Giunge ai ricercatori il plauso del ministro Franceschini che definisce la scoperta importante per l’intero patrimonio culturale italiano. Il direttore del parco, Massimo Osanna, ha dichiarato che “per la prima volta dopo più di 150 anni dal primo impiego della tecnica è stato possibile non solo realizzare calchi perfettamente riusciti delle vittime, ma anche indagare e documentare con nuove tecnologie le cose che avevano con sé nell’attimo in cui sono stati investiti e uccisi dai vapori bollenti dell’eruzione“.