Milano, 7 Dicembre 2014: ad un’ora dall’inizio del Fidelio, come da copione, fuori dal tempio della lirica si protesta. Striscioni per il diritto alla casa e contro il Jobs Act.
Il 7 Dicembre 2014 lo ricorderemo non solo come il giorno del Fidelio di Beethoven diretto dal maestro Daniel Barenboim, ma anche come il giorno delle proteste annunciate. Infatti, dopo uno dei tanti cortei delle scorse settimane per il diritto alla casa, nella centralissima Piazza della Scala era stata lasciata la scritta “Ci rivediamo il 7 dicembre”.
E’ ormai una triste consuetudine quella di approfittare di uno degli eventi mondani più importanti del nostro paese per accendere i riflettori sulle proteste di un’Italia sempre più insofferente.
La stagione 2014-2015 del Teatro alla Scala di Milano si apre così tra lanci di uova e oggetti contro le forze di polizia e consueta sfilata di autorità e personaggi famosi. Grandi assenti Napolitano e Renzi: non succedeva dagli anni sessanta, quelli dei lanci di uova al grido di “Ricchi godete, sarà l’ultima volta!”, che alla prima del tempio della lirica non fossero presenti né il Presidente della Repubblica, né il Presidente del Consiglio.
Nonostante l’assenza del Capo dello Stato, il maestro Daniel Barenboim ha aperto ugualmente la serata con l’Inno di Mameli. Ad ascoltarlo dal palco reale del Teatro alla Scala c’erano, tra gli altri, il presidente del Senato Pietro Grasso, il ministro della cultura Dario Franceschini, il sindaco Giuliano Pisapia e il presidente della regione Roberto Maroni.
E mentre all’interno del teatro in silenzio si ascoltava il Canto degli Italiani, gli italiani all’angolo tra via Santa Margherita e la piazza del teatro sembravano esser più che desti sulla lunga scia di tensione di questo novembre milanese legata alla questione degli sgomberi delle case popolari occupate.
I manifestanti infatti urlano “Stop agli sgomberi e agli sfratti“, “Fuck Renzi“, “Fuck the police”. E dunque alla protesta contro gli sgomberi e per il diritto alla casa si unisce quella contro il Jobs Act.
Dario Franceschini, che ha dichiarato “queste proteste sono un danno economico per il Paese nella città che ospiterà Expo 2015”, sembra quasi aver dimenticato le mazzette dello scandalo Expo.
L’occupazione come anche la protesta violenta sono indubbiamente da condannare.
Ma dietro quella che sembra delinearsi come una guerra tra poveri, in cui si infiltrano i soliti violenti, c’è dell’altro. C’è ad esempio il decreto con il quale il governo Renzi vuole mettere in vendita l’intero patrimonio alloggiativo pubblico. Per chiedere il ritiro di questo decreto ci sarà una manifestazione giovedì 11. Nel comunicato stampa diffuso dall’Unione Sindacale di Base vengono riportate le parole del sindacalista Angelo Fascetti che afferma:
“è vergognoso che il Governo si accanisca sulle fasce più povere della popolazione e che si cerchi di cancellare definitivamente il diritto alla casa, eliminando quello che rimane del patrimonio di case popolari…bene hanno fatto i movimenti che hanno resistito per difendere un diritto fondamentale ed una fonte primaria di integrazione sociale e di convivenza civile. Tutti quelli che non ce la fanno a reggere il peso degli affitti hanno diritto ad un alloggio popolare. È ora di rilanciare un grande piano nazionale di trasformazione in edilizia pubblica di tanto patrimonio residenziale inutilizzato o abbandonato”.
E non vanno dimenticati gli assegnatari di vecchia data che chiedono da anni il riscatto, e non la vendita, della casa in cui hanno trascorso la loro vita.
Se esiste il diritto alla casa, non è forse compito dello stato garantirlo?
Si può tollerare in un paese civile che dei cittadini, proprietari di un immobile o assegnatari di una casa popolare, si ritrovino senza un tetto perché la loro casa è stata occupata?
Se fosse davvero garantito il diritto alla casa a tutti, ci sarebbero ancora le temute occupazioni?