Postare offese sui social potrebbe costarvi una bella condanna per diffamazione aggravata, lo dicono le recenti sentenze.
State ben attenti dunque a quello che scrivete sui social, anche quando si tratti del vostro profilo personale e non di commenti o discussioni su pagine pubbliche. Sì, perchè i giudici hanno recentemente statutito, in diverse senze di numerosi tribunali, che offendere la reputazione altrui sulle proprie pagine social è una condotta penalmente perseguibile.
Ai sensi dell’art 595 comma 3 del codice penale, infatti, viene punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa minima di 516 euro “chi offenda l’altrui reputazione comunicando con un mezzo di pubblicità”. Dunque, non è difficile comprendere che anche un post sui propri social può rappresentare un mezzo di “pubblicità”, giacchè è fruibile da un gran numero di persone che sono tra i nostri amici, o addirittura da un numero indeterminato, quando si tratti di un post la cui privacy è impostata su “pubblica”.
E allora ecco fioccare le sentenze. La sentenza n. 299/2020 del Tribunale di Torino, ad esempio, ha punito una donna per aver scritto in un post pubblico che l’ex marito non contribuiva al mantenimento dei figli.
Stessa decisione per la moglie separata che in bacheca, considerata luogo aperto al pubblico poiché “fruibile dagli iscritti al social” insulti il marito qualificandolo come «un miserabile» bisognoso di cure psichiatriche (Corte d’appello di Cagliari, 257/2020).
Condannato anche chi, nel riferirsi alla vicenda di un operaio di uno stabilimento siderurgico tragicamente morto sul lavoro – pubblichi sul suo profilo pesanti offese rivolte a un sindacalista tacciandolo di essere «viscido e senza spina dorsale» (Tribunale di Taranto, 123/2020).
Le offese, secondo legge, devono essere tali da offendere o ledere la reputazione altrui, da metterlo in cattiva luce agli occhi di chi legga.
E poco importa che le accuse mosse siano vere (prendiamo il caso della donna che lamentava il mancato pagamento degli alimenti da parte del marito). Pur accusando qualcuno di una verità oggettiva ed inconfutabile, se tale verità è posta in modo da ledere la dignità dell’altro, il reato viene comunque a configurarsi
Occhio duunque a quello che viene scritto sui social, perchè il vostro “duellante” ha una tagliente arma dalla sua parte: quella della ragione conferitagli dalla legge.