Si raggiunge la Villa fiancheggiando un canale , davanti alla vista delle alte cime bianche che si stagliano contro un cielo di un azzurro tersissimo. Il profumo di legna e l’aria frizzante rendono ancora più gradevole la passeggiata, che consente di attraversare una zona remota di Lecco, chiamata il Caleotto. Risalendo poi un ponte e una ripida scaletta ci si trova di fronte all’entrata del cortile: in questa casa Alessandro Manzoni nacque e vi trascorse l’infanzia col padre, Pietro Manzoni.
All’ingresso, la prima stanza rievoca fin da subito il grande romanzo, attraverso i costumi dei protagonisti de “I Promessi Sposi”: sono un’imitazione perfetta degli abiti che si usavano nel Seicento, secondo la categoria e classe sociale di ciascun personaggio. Ci appare cosi’ nella sua semplicità l’abito da contadina di Lucia,di una bellezza non appariscente, e quello altrettanto semplice del suo amato Renzo, giovane buono ma impulsivo, l’eleganza del signorotto don Rodrigo e quella sontuosa della signora Badessa, la monaca di Monza…, mentre lo sguardo acuto e intelligente di Alessandro ci scruta da un ritratto.
Molto interessante è il modellino che si trova nella sala adiacente, una perfetta imitazione di come doveva essere la zona a cavallo tra Settecento e Ottocento: verde, con la ferrovia ben visibile e i sentieri che si snodavano tra i campi…Dal grande salone, arredato con divani e poltroncine ‘Ottocento, che si affaccia sul giardino tuttora ricco di piante, si giunge al locale dove sono esposte le principali opere dello scrittore: le tragedie-l’Adelchi e il Conte di Carmagnola-i saggi, le poesie patriottiche(“In marzo 1821”),accanto ai disegni-stampe di alcune scene tra le più significative de “I promessi Sposi”, oltre alle primissime edizioni, per arrivare con lo sguardo sospeso davandi a un quadro che occupa un terzo della parete e pare immenso: è l’Innominato(colui che tante ne aveva fatte che non se ne poteva dire il nome…),davanti al Cardinal Federico Borromeo. E’ un’immagine emblematica della spiritualità manzoniana, il momento del pentimento, del perdono. L’Innominato che prega, che chiede “perdono” rappresenta qualcosa di inaudito, considerato incredibile nella storia del romanzo, ma l’importanza che Manzoni dà a questo cambiamento(o meglio rivoluzione…) del suo più tormentato personaggio giustifica la grandezza e l’imponenza del quadro. In un angolo vi è un ritratto della madre, Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria, autore dello scritto “Dei delitti e delle pene”,in cui egli condannò la tortura e la pena di morte, nel XVIII° secolo…
Giulia Beccaria era una ragazza giovanissima quando sposò Pietro Manzoni, padre di Alessandro, e il matrimonio non resse. Lei se ne andò quando il figlio era ancora molto piccolo, ma lo ritrovò da adulto e se ne legò a tal punto che andò a vivere con lui e la prima moglie, Enrichetta Blondel, nella casa di Milano, in via del Morone.
Intorno al giardino, oggi molto ridotto rispetto ad allora, le cime delle montagne e la vista del lago lontano aiutano a comprendere come probabilmente nel giovane Manzoni, proprio da questi luoghi si fece strada l’idea di ambientarvi un romanzo. Il magnifico contesto geografico e naturale in cui visse i suoi primi anni gli ispirò inevitabilmente le stupende descrizioni divenute tanto celebri nella storia della nostra letteratura, a cominciare dalla famosa introduzione: “Quel ramo del lago di Como che volge a Mezzogiorno, tra una fila ininterrotta di monti…”
Grazia Paganuzzi