Questa mattina a Storie Italiane si è parlato del caso di Yara Gambirasio, la 13enne uccisa nel novembre del 2010 e ritrovata poi in un terreno a pochi metri da una discoteca molto nota nel paese in cui viveva la ragazzina. Per il delitto Massimo Bossetti è stato condannato all’ergastolo.
Chi ricorda il caso, ricorderà anche del furgone che girava intorno alla palestra della povera Yara poco prima del delitto, così come ricorderà anche il famoso identikit fornito dal fratellino di Yara, sorprendentemente somigliante a Massimo Bossetti.
Certo, sono tanti i dati a sfavore del muratore bergamasco ma, in effetti, la prova schiacciante che a commettere l’omicidio sia stato lui non si è mai trovata. Da qui la decisione della Cassazione di revisionare i reperti, in cerca di una prova che magari possa dimostrare (se esiste) la sua innocenza.
Sembra infatti esserci una svolta: la Cassazione ha infatti deciso di accogliere le richieste dei difensori di Massimo Bossetti, e ha annullato quindi le ordinanze della Corte d’Assise di Bergamo, che aveva respinto come inammissibile la richiesta degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Campirini di accedere ai reperti.
Come riportato da Repubblica, ora si tornerà a Bergamo per accedere ai numerosi reperti, fra i quali ben 54 campioni di DNA e gli abiti di Yara.
Bossetti potrebbe dunque sperare, se dagli atti emergesse una qualsiasi incongruenza, in una revisione del processo.