A tre anni dal sisma ancora tante zone da ricostruire in Umbria

Lo spopolamnto e l'abbandono

Sono passati tre anni dal sisma che nel 2016 ha sconvolto per sempre la vita in varie parti dell’Umbria. Tutto è cambiato e niente potrà mai tornare ad essere come prima, ormai i riferimenti che aveva la popolazione fino a tre anni fa non ci sono più e i turisti sono drammaticamente calati.

Negli occhi di tutti si può capire che la vita si è fermata a tre anni fa, la paura, il boato, scappare per salvarsi la vita come unica soluzione per sopravvivere. E le macerie sono ancora lì a testimoniare tutta la tragedia e l’angoscia di quei momenti terribili.

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I borghi dell’Appennino che si spopolano

Ma per i borghi dell’Appennino umbro-marchigiano il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare. L’agenzia ANSA ha raggiunto, dal versante marchigiano, Castelsantangelo sul Nera (Macerata) e Castelluccio di Norcia, approfittando della riapertura momentanea della strada che collega i due paesi di fatto cancellati dai terremoti e che si trovano a una manciata di chilometri l’uno dall’altro.

Rimangono solo brandelli di case e macerie dappertutto, i borghi si stanno spopolando lentamente ma inesorabilmente. Il morale di quei pochi residenti che ancora resistono è a terra, non c’è più niente, sembra che la civiltà abbia da un momento all’altro abbandonato i borghi, una volta pieni di vita e di arte.

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La rabbia e la tristezza dei residenti

La gente che ha scelto di restare a viverci più che residente si definisce “resistente”, come Maria Brignardello, una vita da architetto e poi il ritorno a Castelsantangelo. “La scelta di restare – racconta – è stata obbligata, altrimenti questi borghi non verrebbero più ricostruiti. Ma vivere qui è difficile, sottolinea la donna. Per raggiungere il primo supermercato, ad esempio, dobbiamo fare 30 chilometri”. In questi giorni di agosto di turisti ne sono arrivati tanti, ma la gente di qui sa bene che poi tornerà un altro inverno e farà di nuovo buio presto.

“Molti hanno scelto di rifarsi una vita lontano da Castelsantangelo”, racconta un commerciante mentre sta smaltendo del cartone. Insomma, il rischio spopolamento, iniziato già prima del sisma, adesso rischia di materializzarsi. “La popolazione si è dimezzata e noi più anziani la ricostruzione non la vedremo mai realizzata”, dice Franco Brizi, 81 anni e titolare di uno dei due bar delocalizzati appena fuori dalla “zona rossa”.

“Gran parte di coloro che qui avevano le seconde case e oggi non hanno un punto di appoggio, a Castelluccio non tornano più e questo è un duro colpo per l’economia locale”, spiega Gianni Coccia, agricoltore e anima del borgo. Se non si aiuteranno questi borghi a rinascere per molti sarà la fine.

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