Coronavirus fuggito da laboratorio: si rafforza l’ipotesi

Il coronavirus sarebbe nato in un laboratorio di Wuhan e, secondo due biologi cinesi, la contaminazione tra pipistrelli e ricercatori avrebbe diffuso la malattia, nonostante i tentativi di quarantena del personale.

Il coronavirus può effettivamente essere fuggito da un laboratorio e l’ipotesi si rafforza con la ricostruzione del sito inglese Express Uk e rilanciata da New York Times e Fox News, oltre che da Tgcom 24 diretto da Paolo Liguori.

Coronavirus fuggito da laboratorio: si rafforza l’ipotesi con lo studio di due ricercatori cinesi

La rivelazione è contenuta, in effetti, in un testo redatto da due ricercatori cinesi in base al quale gli scienziati, che si stavano occupando di ricerche sulle malattie provocate dai pipistrelli, avrebbero involontariamente scoperchiato il vaso di Pandora.

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In altre parole, i pipistrelli usati come cavia avrebbe infettato dei ricercatori che si sarebbero messi volontariamente in quarantena ma, nonostante questa mossa preventiva, alcuni contagiati hanno funzionato da portatori della malattia, quindi l’infezione ha cominciato a diffondersi rapidamente a Wuhan e poi in gran parte della Cina.

Gli autori dello studio sono, a dire il vero, due biologi cinesi, Botao Xiao e Lei Xiao che hanno pubblicato un’anteprima di stampa intitolata “Le possibili origini del coronavirus 2019-nCoV”. I due scienziati appartengono alla South China University of Technology di Guangzhou.

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Coronavirus fuggito da laboratorio: si rafforza l’ipotesi. Ecco i punti salienti dello studio

I due biologi hanno svolto, in effetti, un’indagine investigativa mettendo insieme gli indizi, come avviene nella migliore tradizione poliziesca, e ne hanno ricavato informazioni importanti:

  • Il governo cinese ha puntato il dito sul mercato di Wuhan dove specie vive e appena uccise di ogni tipo convivono in condizioni igieniche non esaltanti
  • Tuttavia, Botao Xiao e Lei Xiao sono giunti a conclusioni diverse con l’aiuto delle autorità municipali e raccogliendo le testimonianze di 31 residenti di Wuhan e 28 visitatori
  • In base alle prove, il mercato di Wuhan non ha mai venduto pipistrelli e questo animale non è considerato commestibile in città
  • Inoltre, a soli 280 metri di distanza sorge un laboratorio per le ricerche ad alto livello in campo batteriologico e i pipistrelli sono cavie abituali
  • In particolare, in ricercatori hanno catturato a scopo di studio 155 pipistrelli, molti della specie Rhinolophus affinis nella provincia di Hubei e centinaia di altri in quella di Zhejiang
  • I pipistrelli della famiglia Rhinolophus affinis dovrebbero essere i vettori del coronavirus perché, secondo uno studio pubblicato su Nature, gli esami sui pazienti contagiati dimostrano che il loro virus ha un genoma che corrisponde tra 89 e 96% al CoV ZC45, cioè il coronavirus che infetta questi particolari pipistrelli
  • Tuttavia, i Rhinolophus affinis vivono rintanati in caverne e negli alberi a grandi distanze da Wuhan, quindi è molto improbabile che abbiano volato per 900 chilometri fino a contaminare il mercato cittadino.

Coronavirus fuggito da laboratorio: si rafforza l’ipotesi. Ecco le conclusioni

Alla luce di questi fatti, i biologi hanno trovato conferme di quanto sia pericoloso entrare a contatto con l’urina dei pipistrelli, esserne morsi, e contaminarsi con il loro sangue, attraverso una banale ferita sulla pelle, mentre si lavora nei laboratori di ricerca.

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Nonostante  i ricercatori aggrediti siano stati volontariamente in quarantena per 14 giorni qualcosa deve essere andato storto e forse l’isolamento avrebbe dovuto essere ancora più lungo. Ecco perché si rafforza l’ipotesi del coronavirus fuggito dal laboratorio.

La possibile dinamica del contagio

Express Uk sottolinea quindi che le prove fin qui raccolte dai due biologi fanno pensare che i laboratori in Cina abbiano generato un virus chimera, partendo da cellule di virus precedenti come il SARS-CoV e rendendolo geneticamente modificato per studiarne il comportamento e l’evoluzione che espone a rischi pandemici.

Questa tecnica usata per scoprire i segreti dei virus da combattere, ha evidentemente avuto sviluppi imprevisti con l’evoluzione del coronavirus killer 2019-nCoV che, secondo i due biologi cinesi, si è originato proprio da un laboratorio di Wuhan.

In ogni caso, i virus sono comunque soggetti a ricombinazioni naturali e a diffondersi attraverso ospiti intermedi, cioè animali che poi lo trasmettono all’uomo.

Laboratorio e Union Hospital all’origine del contagio?

Inoltre i due biologi fanno notare che il laboratorio che sorge a meno di trecento metri dal mercato è inoltre adiacente all’Union Hospital in cui sono stati contagiati i primi medici che hanno prestato soccorso agli infettati.

In pratica il virus è riuscito a diffondersi a partire dai primi pazienti e ricercatori che ha colpito proprio nell’ambito del probabile focolaio iniziale che si troverebbe tra il laboratorio e l’ospedale di Wuhan.

Botao Xiao e Lei Xiao chiedono di approfondire l’indagine per avere prove inconfutabili della loro teoria che, tuttavia, sembra essere al momento la più plausibile.

Le raccomandazioni di Botao Xiao e Lei Xiao

I due biologi denunciano il rischio eccessivo nel mantenere un centro di ricerca sperimentale su agenti patogeni nel cuore di Wuhan e un altro ad appena 12 chilometri di distanza, che appartiene all’istituto di virologia dell’accademia delle Scienze.

Di conseguenza, sottolineano l’importanza di elevare al massimo i livelli di sicurezza nei laboratori ad alto rischio biologico e di trasferire i laboratori lontano dai centri abitati, dato che la maggior parte di queste strutture si trova addirittura su isole.

Le preoccupazioni sui rischi di ricerca biologica

Se Botao Xiao e Lei Xiao si limitano a valutare i fatti considerando che, in ogni caso, la ricerca sui virus possa portare benefici alla salute collettiva e vada soprattutto resa più sicura, non mancano i sospetti che nei laboratori cinesi si sperimentino anche armi biologiche

Dato che ogni Paese segue anche questo filone di ricerca a scopo militare, si aprono non solo delicate questioni etiche ma anche scenari inquietanti, soprattutto se i livelli, pur elevati di biocontenimento, non bastassero a impedire che qualche agente patogeno decida di farsi un giro fuori dal laboratorio con conseguenze imprevedibili.


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