Greta e Vanessa: solo volontarie?

I giorni passano, le intercettazioni aumentano  e non fanno presagire niente di buono per le due volontarie rapite in Siria.

Dalle intercettazioni del Ros infatti emergono molti particolari e nomi già noti agli inquirenti. Leggendo la pagina facebook di Vanessa Marzullo già in precedenza si poteva notare che la ragazza mostrava simpatia nei confronti dei ribelli e su una foto in particolare che raffigurava un ragazzo suonare il piano con vicino un kalashnikov commentava:  “Non servono commenti. Resistere, esistere”. Ma questo poteva anche essere il semplice sfogo di una ragazza particolarmente vicina alla situazione siriana. Ora però le intercettazioni stanno facendo emergere qualcosa in più di una semplice empatia delle ragazze. Ci sono alcuni punti che destano qualche domanda.

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Il primo riguarda il kit di primo soccorso. Il kit effettivo che viene spesso menzionato è un borsone mimetico (solitamente i volontari che portano soccorso usano borsoni che attestino la loro neutralità con il conflitto, non con riferimenti militari) che contiene latte in polvere, cibo e medicinali. Ma come compare anche sul sito del progetto Horryaty, il nome dei due centri di Pronto Soccorso dove vengono inviati sono definiti solo con le lettere B. e H., rimanendo nell’anonimato come se si trattasse di informazioni non divulgabili per sicurezza. Eppure si è sempre saputo che Greta e Vanessa operavano nei pressi di Aleppo quindi perché non menzionare anche i centri? La risposta arriva quando Greta afferma che “i kit verranno distribuiti a gruppi di combattimento formati da 14 persone”.

Il secondo punto riguarda i contatti che le ragazze avevano con il 47enne siriano Mohammed Yaser Tayeb che abita e lavora in provincia di Bologna e che dagli investigatori è ritenuto un militante islamista. Dalle intercettazioni è chiaro che Greta gli dice di “voler offrire supporto al Free Syrian Army”, l’Esercito Libero Siriano formato da ribelli lontani dall’Is ma che conta tra le sue fila anche numerosi jihadisti. Sempre dalle intercettazioni si evince che le ragazze non partecipano solo per uno scopo umanitario ma anche per la rivoluzione e infatti il loro sito ha come simbolo la bandiera della rivoluzione e che sono state protette dallo stesso Esercito Libero Siriano.

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Un altro contatto che insospettisce gli investigatori è quello tra Tayeb e Maher Alhamdoosh un militante siriano iscritto all’Università di Bologna noto agli investigatori in quanto compare tra coloro che hanno coordinato il viaggio dei giornalisti Amedeo Ricucci, Andrea Vignali, Susan Dabous e Elio Colavolpe, in Siria nel 2013, anch’essi sequestrati e rilasciati sotto pagamento di un riscatto.