Il 9 febbraio avevamo un solo contagiato…

Speriamo che aver chiuso la stalla con i buoi scappati, possa servire a qualcosa...

Fra cinquant’anni sarà interessante leggere studi sul fenomeno “Covid-19” dal punto di vista sociologico. In questi giorni si è visto e ascoltato di tutto con la complicità dei social, che ogni cosa diffondono globalmente. Ma questo sta nel gioco di Facebook e Instagram, dove ognuno può per un istante vestire i panni del Ministro dell’Interno, dell’Economia, del Virologo, dell’esperto in armi non convenzionali (perché questo virus potrebbe essere stato costruito in laboratorio per scopi bellici) eccetera, eccetera. Poi si contano i “like” e, se sono stati superiori ai soliti amici che metterebbero “mi piace” anche alla personale colonscopia, si gode un momento di notorietà e considerazione in una società nella quale la maggioranza delle persone sono numeri, Soltanto numeri. Non si fa del male a nessuno.

L’esempio inascoltato di Ellis Island

Quando, però, sono i veri scienziati, i veri rappresentanti istituzionali a creare confusione, a dire bischerate, allora la faccenda si fa preoccupante. Su questa epidemia, avevamo i dati provenienti dalla Cina e, in un mondo strettamente collegato non solo con internet, i nostri rappresentanti istituzionali hanno pensato fosse una sciagura solo asiatica. Invece di organizzare immediatamente una quarantena (due settimane) per tutti coloro che entravano nel nostro Paese, italiani o cinesi che fossero, e impedire così che il virus si diffondesse biblicamente anche da noi, si sono messi a duellare sulle solite tematiche: il sovranista razzista contro il democratico accogliente e inclusivo. Voglio ricordare che cent’anni fa, tanti italiani partirono per gli Stati Uniti in cerca di fortuna e furono fatti sbarcare a Ellis Island. Dal 1892 al 1954, l’isola ha accolto 12 milioni di migranti che, senza nessuna epidemia alle spalle, erano scrupolosamente controllati dal punto di vista sanitario e fermati proprio per capire se erano portatori di qualche virus. Per molti nostri nonni e bisnonni, partiti con una valigia di cartone e null’altro, fu la prima volta che poterono mangiare in piatti di porcellana come i “signori”.

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La scelta della Russia

Nel nostro caso, si sarebbe trattato di fermare per due settimane coloro che provenivano da Wuhan e provincia, con voli diretti o scali. La Russia è stata ancora più drastica: il 18 febbraio, il Primo Ministro russo Mikhail Mishustin ha firmato un decreto che vieta ai cittadini cinesi l’ingresso nella Federazione Russa con qualsiasi mezzo per turismo, lavoro e scopi privati. Fine delle discussioni. Noi siamo stati i primi a chiudere gli aeroporti italiani ai voli diretti dalla Cina. Peccato che la maggioranza dei passeggeri preferisca fare scalo a Francoforte e altri hub europei per limitare i costi. Il Covid-19 è già presente in Africa, dove è alquanto dubbioso che si facciano tamponi per individuare il virus e di conseguenza ottenere dati sui contagiati e sui morti, ma tranquillamente continuiamo a far sbarcare chiunque sulle nostre coste.

La psicosi…davvero?

Quando si è compreso che l’Italia stava diventando il più importante focolaio in Europa, c’è stata la prima chiusura delle scuole e l’assalto ai supermercati. Chi si è creato una piccola dispensa a casa di scatolame a lunga conservazione, si è preso dell’imbecille da destra e da sinistra. Ingiustificata psicosi, l’hanno etichettata. Davvero? Forse gli italiani hanno ritenuto che chiudere le scuole e lasciare aperti i supermercati non avesse alcun senso, avrebbero fermato anche i negozi e hanno calcolato che il prezzo degli alimentari sarebbe schizzato alle stelle. Purtroppo, chi ci governa ha pensato diversamente, che si poteva essere infettati dal vicino di banco e non da quello in fila alla cassa che ti starnutiva nel collo. Nel momento in cui scrivo, il 6 marzo, i contagiati sono 3858 e il 9 febbraio abbiamo avuto il nostro primo portatore di Covid-19. A fine giornata, è prevedibile che supereremo la soglia dei 4000, quattromila in un mese.

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Anche la scienza non ha una sola voce

Nonostante ciò, abbiamo virologi, epidemiologi e ricercatrici che solo pochi giorni fa irridevano quelli con la mascherina, che disinfettavano tutto con l’amuchina e restavano a casa il più possibile. «Uscite! Siate prudenti, ma non cambiate il vostro stile di vita! Andate al ristorante! Fa più morti la solita influenza! Muoiono solo gli anziani con gravi patologie pregresse (destinati quindi a morire comunque, poverini loro…)». Qualche altro, più prudente, informava che il virus, ospitato da particelle di saliva, si libra nell’aria, si posa ovunque e resiste anche alcuni giorni, in determinate condizioni. L’unico mezzo per fermare l’espandersi dell’epidemia è quello di restare a casa, anche perché il vaccino è ancora lontano e l’unica terapia a nostra disposizione, al momento, è la ventilazione forzata e sostenere le difese immunitarie. Si salva chi è capace autonomamente di guarire.

Le nuove regole

Ancora oggi abbiamo bar che offrono l’aperitivo gratis e locali che organizzano feste. Le nuove norme impongono una distanza tra le persone (ma il Covid-19 non si libra anche nell’aria?) e così un noto telegiornale generalista ci fa vedere il bancone di un bar con il titolare che impone due metri di distanza tra i due avventori che sorseggiano in caffè. Qualcuno mi vuole spiegare se è una barzelletta o una cosa seria? Ci sono bar che non hanno neppure il bancone lungo due metri e allora cosa deve fare il titolare? Fa entrare un cliente alla volta? Mette fuori la macchinetta con il biglietto e lo schermo con tanto di voce che annuncia: “Serviamo il panino al numero 114!”. Poi c’è la soluzione per i ristoratori: un tavolo apparecchiato e uno libero a mantenere le distanze tra gli avventori. Ripeto la stessa domanda: ma il Covid-19 non si libra anche nell’aria? Non si posa ovunque e te lo prendi fregandoti un occhio? Il naso? Toccandoti la bocca?

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L’Italia non si ferma…

Milano non si ferma! Modena non si ferma! Verona non si ferma! Contagiamoci tutti, tanto a morire sono solo gli anziani con gravi patologie pregresse e quelli che avranno la sfortuna di subire un arresto cardiaco, un ictus celebrale, un incidente automobilistico e, non trovando un posto al pronto soccorso per la terapia intensiva, creperanno sull’autoambulanza che tenta di raggiungere un altro ospedale non ancora al collasso. E così, pensando di salvare l’economia, perché non si hanno i fondi necessari per gestire la crisi economica che verrà, si è adottata la solita soluzione all’italiana che non salverà nulla, né la salute dei cittadini e né il bilancio. Eppure, il 9 febbraio avevamo un solo contagiato… A questo punto, cosa possiamo fare? Sperare che aver chiuso la stalla con i buoi scappati possa servire a qualcosa e tenere ben presente che stiamo affrontando un problema serio; che, se restiamo contagiati, nessuno può assicurarci la guarigione, anche se abbiamo trent’anni e siamo degli sportivi; che da morti, non si lavora e neppure si guadagna.

Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegnahttp://www.massimocarpegna.com
Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.