Il governo Draghi decolla tra conferme, sorprese e sfide immediate

Mario Draghi vara il nuovo governo con un mix di esperti e politici, usando una formula in equilibrio tra continuità politica e innovazione tecnica che affronterà subito la prova dei fatti

A 9 giorni dal conferimento dell’incarico, il governo Draghi decolla tra conferme, soprese e sfide immediate a livello economico e internazionale. Si tratta di un mix di esperti e politici che ha sorpreso chi immaginava il varo di un esecutivo quasi esclusivamente tecnico.

Mario Draghi guida un esecutivo di 23 ministri

Mario Draghi ha concordato con il presidente Sergio Mattarella un governo composto da 8 tecnici e 15 politici, 4 ai 5stelle, e tre per ciascuno a Partito Democratico, Lega e Forza Italia, segue uno per Italia Viva di Matteo Renzi e un dicastero anche per Leu che mantiene il ministero della Salute.

- Advertisement -

In pratica, Draghi ha lasciato che il capo dello Stato si occupasse di riempire le caselle politiche del governo ritrovandosi 9 ministri provenienti dal precedente esecutivo giallo-rosso, tra i quali Luciana Lamorgese all’interno, Lorenzo Guerini alla difesa, il contestato Roberto Speranza alla Salute, oltre a Dario Franceschini alla Cultura e Luigi Di Maio agli esteri.

In verità, gli esteri saranno largamente di competenza dello stesso Draghi che agirà come cinghia di trasmissione con l’Unione europea e come protagonista anche sui dossier internazionali più spinosi, rispetto alla posizione italiana nei confronti di Stati Uniti, Cina, Russia e Turchia, dopo l’elezione di Joe Biden che ha una visione geopolitica molto diversa dal predecessore.

- Advertisement -

Draghi ha invece avuto mano libera nella scelta dei tecnici, insistendo anche sull’inserimento di Giancarlo Giorgetti al dicastero dello sviluppo economico, con il quale ha un rapporto di lungo corso ed è inoltre il numero 2 della Lega, che vanta un profondo radicamento nei ceti produttivi del Nord e centro Italia, da cui il nuovo premier non voleva prescindere.

La situazione dell’ex maggioranza giallo-rossa

Problemi non da poco in casa 5Stelle che, pur avendo 4 esponenti nell’esecutivo, non hanno ottenuto il super ministero della transizione ecologica, sbandierato da Beppe Grillo alla sua base, che è stato invece assegnato al tecnico Roberto Cingolani, grande esperto di robotica e intelligenza artificiale, e neppure l’accorpamento con lo sviluppo economico, conquistato dalla Lega, con tanto di tweet al vetriolo di Barbara Lezzi, molto vicina ad Alessandro Di Battista, in uscita dal movimento che rischia ulteriori scissioni.

- Advertisement -

Problemi anche per il Pd di Nicola Zingaretti che perde il controllo su infrastrutture ed economia, ottiene due deleghe più leggere con lavoro e cultura e mantiene la difesa con Lorenzo Guerini che però non è apertamente zingarettiano. Inoltre, il segretario ha fatto da spettatore durante la crisi di cui Matteo Renzi è stato il regista, ottenendo peraltro la riconferma di Elena Bonetti (Italia Viva) al ministero delle Pari opportunità.

Nulla da fare neppure per il suo ventilato ingresso nel governo, insieme con gli altri leader, per la porta sbarrata dallo stesso Mattarella che, secondo i giornalisti politici, è stato irremovibile, ricordando che Draghi non voleva aprire un mercato delle nomine e ha rinfacciato il fallimento del sistema dei partiti che non ha messo in piedi uno straccio di maggioranza per uscire dalla crisi con un lapidario: “E’ colpa vostra“. Da qui l’idea del capo dello Stato di affidarsi all’ex presidente Bce, come ultima occasione per formare “un governo di alto profilo che non debba identificarsi in alcuna formula politica“, escludendo dai giochi i segretari politici.

La posizione del centro-destra

Non tutti condividono l’entusiasmo per il nuovo esecutivo e, in particolare, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, lo considera “un governo di compromesso” da valutare però dopo il discorso programmatico di Draghi in Parlamento, quando chiederà la fiducia alle camere nei primi giorni della prossima settimana.

Forza Italia rientra dopo 10 anni in un governo con Antonio Brunetta (pubblica amministrazione), Maria Stella Gelmini (affari regionali) e Mara Carfagna (sud) anche se sono tre dicasteri senza portafoglio e pesa l’esclusione di Antonio Tajani come numero 2 del partito, ex presidente del parlamento europeo e convinto sostenitore dell’esperimento europeista guidato da Draghi.

La Lega è soddisfatta di avere ottenuto sviluppo economico, turismo e ministero della disabilità, fortemente voluto da Salvini, ed è pronta ad entrare in azione, anche se forse non avrebbe disdegnato le politiche agricole, assegnate ai 5Stelle, che giocano un ruolo non da poco nella ripartizione dei fondi europei per la ripartenza economica.

Le sfide economiche del nuovo governo

L’emergenza economica del nuovo governo spazia dal piano per il recovery fund, da presentare entro aprile, all’uso di 32 miliardi per evitare licenziamenti a catena e sostenere il mancato fatturato di tantissime piccole partite Iva, a rischio di sopravvivenza. Serve inoltre una strategia complessiva di fronte al rischio, certificato dall’Istat, che il 38,9% delle piccole imprese fallisca entro l’anno.

Il nuovo ministro dell’economia Daniele Franco, già esperto della ragionieria generale dello Stato negli anni dell’austerità economica, agirà ovviamente di concerto con Draghi che vorrebbe un cambio di passo sul tema delicatissimo del fisco e avviare il rilancio generale, puntando anche anche su infrastrutture e trasporti di Enrico Giovannini, innovazione tecnologica, affidata a Vittorio Colao, e scuola, tutta da riorganizzare, con il nuovo ministro Patrizio Bianchi.

L’emergenza sanitaria e il nuovo metodo di lavoro

Mario Draghi decolla quindi tra conferme, sorprese e sfide immediate, perché eredita il dossier Covid-19 che può rialzare la testa con le nuove varianti e con i ritardi della campagna di vaccinazione. La contestata riconferma di Roberto Speranza, evita un cambio di macchinista in corsa e, si spera, che rimedi ai suoi errori precedenti, indubbiamente aggravati dal Conte 2 che era ostaggio di indecisioni, passi falsi e di una gestione commissariale che si è occupata in modo poco brillante di tutto lo scibile umano.

C’è però molto ritardo da ricuperare, rispetto a Germania e Francia, che hanno un buon numero di impianti per la produzione e infialamento dei vaccini, anche grazie ad accordi bilaterali in deroga ai regolamenti europei di cui l’Italia non ha saputo approfittare come i partner comunitari.

Sarà quindi proprio Draghi a fare la sintesi in ogni decisione, per ridurre i rischi di liti in una maggioranza così vasta ed eterogenea, tenendo quindi a “briglia corta” anche i ministri politici riconfermati, che dovranno abituarsi a un metodo di lavoro molto diverso da quello dell’era Conte, con rinvii e dpcm comunicati via web e in tv in orario di massimo ascolto, anche perché il nuovo premier non ha profili social di nessun tipo.

Il dossier giustizia

Sanità, economia, scuola e innovazione tecnologica sono cruciali almeno quanto la giustizia, fronte sempre più esplosivo dopo le rivelazioni dell’ex presidente Anm Luca Palamara ad Alessadro Sallusti. Anche in questo caso, Draghi punta su una figura tecnica e Marta Cartabia, ex presidente della Consulta, succede ad Alfonso Bonafede in un momento di crisi gravissima nei vertici della magistratura.

La situazione è talmente fuori controllo che il Corriere della Sera, di certo non ostile ai magistrati, ha tuonato attraverso un editoriale di Ernesto Galli della Loggia che lascia pochi dubbi sulla riforma urgentissima del Csm per ristabilire la fiducia che troppi cittadini hanno perso nei confronti della giustizia:

“Stabilendo l’esistenza del Csm i costituenti vollero evidentemente porre un organo a presidio e dell’indipendenza dei magistrati e quindi degli interessi della giustizia. Non si resero conto però che nella pratica, come è fatale che avvenga in tutte le istituzioni rappresentative a base corporativa, quella loro creatura era esposta al pericolo fatale di divenire soprattutto il presidio degli interessi dei magistrati stessi, della supremazia del loro punto di vista su ogni questione, della loro carriera, della loro virtuale intoccabilità. Cioè del loro potere in generale”.

Con tanta carne al fuoco, i prossimi sei mesi saranno dunque cruciali per evitare un disastro economico e sanitario che l’Italia, già messa in ginocchio da crisi pluriennali, scontri ideologici e infinite occasioni perse nel realizzare riforme, non è più in grado di permettersi.