Una campagna elettorale senza fine
Viviamo in un mondo dove tutto ha un principio e una fine. Tranne in Italia. E cosa infrange le leggi della natura? La campagna elettorale: pratica ch’ebbe inizio qualche mese prima del 2 giugno 1946 – giorno in cui si votò per scegliere tra Repubblica e Monarchia – e che da allora prosegue ininterrotta. Il 4 marzo 2018 abbiamo scelto i nostri rappresentanti al Parlamento, ma già la voglia di cambiare gli assetti traspare evidente nei protagonisti della politica italiana, tra gli esclusi dal potere, che sognano un ritorno nella stanza dei bottoni, tra coloro che vorrebbero restarci da soli e tra coloro che temono di diventare i destinatari del “vaffaday” popolare.
Dopo le “Politiche” abbiamo avuto le “Amministrative” e le “Europee” in tante città ed ora ci prepariamo ad alcune “Regionali”, con possibile accorpamento a rinnovate “Politiche”. Urca! Non facciamo in tempo ad uscire dalla “gabina” elettorale, come la chiamava Bossi, che già dobbiamo rientrarci per apporre la fatidica crocetta su un simbolo o su un nome. Poco tempo fa, circolava una battuta sui social: “Attento a dove metti la crocetta, perché poi devi portare la croce…”. Non era chiaro se il monito consigliasse prudenza a coloro intenzionati a prediligere la sinistra o la destra; sta di fatto che un bel numero di cittadini decise di segnare la “ics” da nessuna parte e si recò al mare o in montagna. Secondo i dati del Ministero degli Interni, il 26 maggio circa una metà degli italiani se n’è fregata di chi avrebbe governato la sua città, la sua Regione e l’avrebbe rappresentato al Consiglio d’Europa.
Le forze in campo
Perché? E quale potrebbe essere il nostro futuro politico? Tentiamo d’analizzare i movimenti di maggior spicco e iniziamo dai 5 Stelle. Una visione nuova della società e di come governarla, l’apporto di tanta gioventù, con il suo entusiasmo e candore, sono stati gli artefici dell’exploit pentastellato, ma alla prova dei fatti è stato palese che un conto è risolvere i problemi a chiacchiere e con idee che funzionano bene “a tavolino” (leggasi “utopie”) e un conto è saperli affrontare nella quotidianità.
I sindaci di Roma e Torino certo non sono stati il miglior biglietto da visita del “rinnovamento” e i rappresentanti alla Camera e al Senato si sono imborghesiti, hanno perso quella carica “rivoluzionaria” che li distingueva dagli altri. L’idea generale è che il reddito di cittadinanza, come la complessa organizzazione per trovare lavoro, sia solo un escamotage per conservare un certo consenso nelle regioni del Sud. Stupefacente, poi, l’entusiasmo per le Olimpiadi Invernali aggiudicate a Milano e Cortina, esibito dagli stessi che si sono opposti alla candidatura di Torino. Ricordo ancora il fiero proclama di Di Maio: “Chi vuole fare le Olimpiadi, se le paga da solo!”.
La Lega di Salvini, nonostante il fuoco incrociato dei media e dell’intellighenzia sinistrorsa, ha vinto ovunque, grazie alla diffusa criminalità prodotta dall’immigrazione fuori controllo, ma la parabola discendente è prossima. Gli argomenti monotematici, dopo un po’ stancano. La gente ha anche bisogno di sogni, di speranze, di entusiasmo. Alle sue origini, le camice verdi avevano una visione del Paese (il Federalismo), una sorta d’ideologia che travalicava i singoli attori, anche se Bossi era il condottiero incontrastato; con Salvini, si è passati al partito d’ispirazione nazionale e modellato sul capo, il “capitano”. Si naviga a vista, non c’è nessun progetto d’ampio respiro, non c’è nessuna visione della società che si vuole costruire, ma solo la personalità carismatica del Ministro degli Interni, circondato da figure che, in troppi casi, paiono non all’altezza, deficitari di neuroni.
A proposito di neuroni, oggi è rispuntato Marco Minniti, al quale il caldo dà la carica invece che sopirla, con un: “Servono nuovi neuroni nel cervello collettivo del Pd”. In effetti, Zingaretti, con l’idea di mettere una libreria e un bar nella sede centrale del partito a Roma così che i ragazzi possano dire al Pd dove sta sbagliando e cosa fare, non si è presentato alla “Einstein” e ha soffiato il posto ad Alessandra Moretti, con la sua proposta cimiteriale di coprire le croci sulle tombe, così da non “offendere” nessuno. Morti compresi. In molti hanno seguito il consiglio e, sulla scheda elettorale, la croce l’hanno spostata su un altro partito. Il problema della sinistra italiana è che non riesce a staccarsi definitivamente dalla falce e martello, impaurita all’idea che senza “Bella ciao” e “Dagli al fascista” di turno (oggi Salvini, ieri Berlusconi e l’altro ieri Craxi) non abbia ragione d’esistere. Non sono democratici e non sono più comunisti. Rappresentano una brutta fotocopia dell’una e dell’altra parte, costretti ogni volta ad inventarsi un nemico da odiare per serrare le fila e proporsi uno scopo.
Resta il “Cavaliere” e la “Meloni”: il primo ha senz’altro la visione di uno Statista e avrebbe potuto fare tanto, ma s’ama in un modo così accasciante, che neppure il Duce seppe raggiungere tali vette e, come tutti gli egocentrici narcisi, si circonda di personalità modeste per brillare più facilmente e non avere contrasti. E poi, oggi, tra botulino, trapianto di capelli, dentiere e lenti a contatto sembra un personaggio del film “La morte ti fa bella” di Zemeckis: hai paura che un giorno inciampi su un tappeto rosso e lo si veda disarticolarsi e frantumarsi.
La Meloni rappresenta bene un certo pensiero conservatore, ma i conservatori si fidano poco delle donne: preferiscono Salvini il ruspante, il decisionista, il virile. E poi, il suo partito sorge da Alleanza Nazionale, che a sua volta fu la trasformazione del Movimento Sociale. In Italia, con la martellante azione culturale di questi ultimi 74 anni, basta già questo per non farla andare oltre a percentuali di una cifra sola. Pensate a quante parole si sono sprecate contro il pericolo rappresentato da “Forza Nuova” e “Casa Pound”. Tanto per ricordare, alle recenti europee il primo ha raggiunto la percentuale di 0,33 e il secondo ancora meno: 0,15! Oddio, che paura!
Un possibile futuro
Cosa dobbiamo attenderci? Come dice il Papa, riferendosi all’Islam: “Dobbiamo costruire insieme l’avvenire”. La cultura occidentale sta già rinculando spaurita, ma il colpo di grazia lo darà la politica. Le nostre famiglie generano sempre meno figli, preoccupati dei costi per garantire loro un’esistenza confortevole, mentre le famiglie magrebine e affini non hanno di questi scrupoli. Anzi, una discendenza numerosa con il solo il marito che lavora, forse, garantisce tante agevolazioni e sussidi. Fra non molto nascerà un partito islamico anche da noi, un “Fratelli Musulmani d’Italia” che ringrazierà la sinistra per l’accoglienza data nella speranza di rimpolpare tesserati e sostenitori e, al contrario degli altri movimenti, avrà una crescita continua. Siccome l’Islam è una religione che si sovrappone a tutto e non riconosce altra legge al di fuori di quella di Dio, non sarà un novello al-Baghdadi a fondare il primo vero e potente Stato Islamico, ma un Mario o Giovanni al-qualcosa. Probabilmente io non ci sarò più e, dalla terra che mi ricopre, vedrò avverarsi la profezia della Moretti: via le croci dai cimiteri. Sic!
Massimo Carpegna