In Venezuela ormai è guerra civile: le proteste di piazza contro il governo del dittatore Maduro continuano incessanti e ogni giorno si conta una nuova giovanissima vittima della repressione brutale messa in campo dal regime.
Sono soprattutto studenti e giovani laureati che protestano per avere un futuro migliore nel loro Paese, per non essere costretti ad andare a cercare lavoro lontano negli Stati Uniti e per il diritto di esprimere il loro dissenso. Il regime non permette a nessuno di esprimere opinioni in contrato con l’ideologia dominante e tanti oppositori di Maduro sono già stati arrestati e torturati.
La settimana appena conclusa è stata una delle più drammatiche e caotiche dall’inizio degli scontri tra forze dell’ordine e dimostranti: un elicottero della polizia ha attaccato i palazzi del potere, in particolare quello sede della Corte Suprema e in tutta la città di Caracas si sono vissuti momenti drammatici. Che sia questo il primo segno che anche tra le forze di sicurezza il malcontento è arrivato ad un livello non più sopportabile? Il governo dittatoriale di Maduro sta per cedere abbandonato anche dalle forze armate che dovrebbero proteggerlo?
A queste domande per ora non c’è ancora una risposta, ma di sicuro anche tra i militari c’è chi non appoggia più il Presidente trasformato in dittatore sanguinario che sta portando il Venezuela sempre più giù nel baratro. Il Venezuela è uno dei Paesi con le maggiori riserve di idrocarburi al mondo ma nonostante questo è anche uno dei Paesi più poveri, perché i governi che si sono succeduti non hanno mai saputo sfruttare questa ricchezza per migliorare il tenore di vita del popolo. Tutti i guadagni derivanti dalla vendita del petrolio finiscono nelle mani di pochi potenti che li usano per il loro personale tornaconto e non li distribuiscono alla popolazione, con il risultato che acanto a pochi ricchissimi, tanti soffrono la fame e vivono ampiamente sotto la soglia di povertà.
Ormai nel Paese manca tutto e i cittadini venezuelani sono costretti ad accalcarsi alle frontiere con i Paesi confinanti per rifornirsi di beni di prima necessità come cibo e medicinali; senza ombra di dubbio le proteste sono ormai degenerate in una vera e propria guerra civile.