La maggioranza dei media hanno già archiviato le elezioni americane con la sconfitta di Donald Trump, sebbene lo spoglio e le azioni legali di revisione siano ancora in corso. Biden si presenta già da Presidente; fa discorsi da Presidente, ma la sua è una pantomima che potrebbe anche finire da un momento all’altro. Bisogna dire che per Trump le possibilità di ribaltare il risultato sono veramente minime; tuttavia, se riesce a dimostrare che alcuni voti sono stati fraudolenti, lascerà la White House a testa alta e molti americani, non solo di fede repubblicana, potrebbero pensare che, se tutte le schede fossero state ricontate, forse il Presidente sarebbe ancora lui.
Questa speranza dei repubblicani si appella a ciò che differenzia gli Stati Uniti dalla maggior parte degli altri Paesi occidentali. L’americano medio ha piena fiducia nel sistema politico e nella giustizia che governano la più grande democrazia del mondo. Con percentuali di rilievo, non si reca al voto per contestazione o delusione, come accade in Italia, ma proprio per questa fiducia: che siano i democratici o i repubblicani a insediare il loro rappresentante nella Casa Bianca, per lui cambierà poco, poiché il sistema garantisce di funzionare qualunque sia il vincitore delle elezioni.
Tuttavia, se questa fiducia fosse incrinata da un forte sospetto di brogli elettorali, che travalicano la competizione politica e approdano ad un conflitto economico interno e alla competizione tra l’America e la Cina, allora gli Stati Uniti non sarebbero più considerati la più grande democrazia del mondo e crollerebbe il sistema con sviluppi imprevedibili.
La politica di Trump a difesa della produzione americana
Al fine di difendere la produzione americana e i posti di lavoro collegati, Trump ha bloccato la delocalizzazione di molti soggetti industriali e imposto tasse maggiorate e dazi a chi faceva realizzare alcune parti del proprio prodotto in oriente, dove la manodopera ha un costo di gran lunga inferiore, se rapportata a quella americana, così come i controlli sui materiali e sulla sicurezza dei luoghi di lavoro sono assai rarefatti.
Ciò ha comportato una rimarchevole perdita di guadagno per molti capitani d’industria che, difatti, nella precedente competizione elettorale avevano sostenuto Hillary Clinton: colei che garantiva loro il proseguimento della politica di Obama.
Naturalmente, questa ragione è stata taciuta alle masse e sostituita con quelli che sono i temi cari ai “democrats” i quali non hanno mai dimenticato i discorsi e le battaglie dei fratelli Kennedy e sperano sempre che si affacci un loro degno erede. Ma anche i democratici hanno a cuore la difesa del sistema inventato dai loro “padri della Patria” e, a differenza di altri, non considerano il raggiungimento del potere quale unico fine e a qualsiasi costo. La speranza di Trump, e del suo avvocato già sindaco di New York Rudolph Giuliani, è anche questa: che le corti federali abbiano più a cuore la difesa del sistema che non la carriera di un professionista della politica e il partito che rappresenta.
Trump non si arrende e chiede il riconteggio
Intanto, il Leader di maggioranza repubblicana al Senato, il Senator Mitch McConnell, ha manifestato pubblicamente il suo accordo con il Presidente Donald J. Trump sul rifiuto a concedere la vittoria a Biden; ha celebrato le vittorie del Congresso dei repubblicani, affermando lunedì nell’aula del Senato che Trump ha “tutto il diritto di esaminare le accuse e richiedere il riconteggio“.
A partire da lunedì pomeriggio, solo quattro senatori repubblicani (Lisa Murkowski dell’Alaska, Mitt Romney dello Utah, Susan Collins del Maine e Ben Sasse del Nebraska) si erano congratulati con Biden per la sua vittoria. Gli altri hanno continuato a sostenere il Presidente nelle rivendicazioni e ad attaccare i media per aver proclamato Biden Presidente prima che lo spoglio delle schede elettorale fosse concluso e valutati i ricorsi. Per correttezza d’informazione, l’eventuale ufficializzazione della vittoria di Joe Biden sarà il 14 dicembre, giorno in cui si riuniranno i Grandi Elettori.
Il discorso del senatore McConnel è stato chiaro e nel segno di quella che deve essere una grande democrazia: “Negli Stati Uniti d’America, tutte le schede legali devono essere contate; quelle illegali non devono essere conteggiate e il processo deve essere trasparente o osservabile da tutte le parti. I tribunali sono qui per risolvere i problemi. Le nostre istituzioni sono effettivamente costruite per questo. Abbiamo un sistema efficace per prendere in considerazione tutte le problematiche e il presidente Trump è al 100% nei suoi diritti di esaminare le accuse di irregolarità e valutare le sue opzioni legali“.
McConnel ha poi chiuso con una stoccata: “In particolare, la Costituzione non attribuisce alcun ruolo in questo processo ai network e ai media. Le proiezioni e i commenti della stampa non ottengono il potere di veto sui diritti legali di nessun cittadino. Compreso il Presidente degli Stati Uniti”.
Ha rincarato la dose Rudolph Giuliani: “Ci sono prove evidenti che si trattasse di un’elezione in cui almeno tre o quattro Stati, e forse 10, sono stati rubati. In altre parole, la vittoria di Biden in questi Stati si basa su voti falsi. Ora non si può lasciare che queste elezioni entrino nella storia senza poterle contestare.” L’avvocato di Trump ha proseguito affermando che la sua squadra potrebbe avere prove sufficienti per cambiare l’esito del voto della Pennsylvania, sostenendo che centinaia di migliaia di voti erano completamente non validi“.
“Ci sono più di 50 testimoni, e questo sarà oggetto di una causa che presenteremo, per aver violato i diritti civili, per aver condotto un’elezione ingiusta, per aver violato la legge dello Stato, per aver trattato Pittsburgh e Filadelfia in modo diverso dal resto dello Stato, la qual cosa è una violazione della parità di protezione come avvenuto sotto Bush versus Gore. Siamo ora a 450.000 schede definitive per corrispondenza, che sono state separate dalle buste con quest’ultime buttate via impropriamente. Senza il controllo delle buste e dei timbri non potremmo mai dire se sono valide o meno“.
Le reazioni dall’Italia. Abbiamo chiesto un parere al Senatore di Forza Italia Enrico Aimi
Trump sconfitto? Sarei più prudente: settantuno milioni e 189.789 voti conquistati in queste presidenziali (con scrutinio ancora in corso), rispetto a quelli ottenuti quattro anni fa contro Hillary Clinton, sessantadue milioni e 984.828, sono la palmare evidenza della forza crescente e straordinaria del Tycoon con cui l’America dovrà comunque rapportarsi in maniera equilibrata nel prossimo futuro. Che fare? Una grande democrazia non deve temere il riconteggio dei voti, il diritto degli americani a dissipare ogni forte dubbio sulle schede arrivate per posta non lo fanno giornali e televisioni ma gli organi preposti dalla legge e dalla Costituzione di quel grande Paese.
Massimo Carpegna