Processo a Berlusconi: Travaglio smentisce Sansonetti e Porro

Per l'editorialista de Il Fatto Quotidiano, "Berlusconi è stato condannato perché ritenuto colpevole, in base a una valanga di prove documentali e testimoniali". Fine delle discussioni.

Su “Il Fatto Quotidiano” del primo luglio 2020, Marco Travaglio commenta il clamore suscitato dalla trasmissione “Quarta Repubblica” con l’ascolto di una registrazione audio del magistrato Amedeo Franco. Si tratta del processo a Berlusconi per frode fiscale con la condanna a 4 anni dell’indagato e la perdita della carica senatoriale. A questa, si deve aggiungere il conseguente crollo di “Forza Italia“.

L’arringa di Travaglio

Cosa dice Travaglio? Inizia il suo articolo così: “Per misurare il peso (nullo) delle “nuove prove” che dovrebbero cancellare la condanna di Silvio B. a 4 anni per frode fiscale, basta la credibilità (nulla) delle fonti: il suo impiegato Nicola Porro sulla sua Rete4, il suo Giornale e il Riformista vicedirettore dalla sua ex portavoce Debora Bergamini

I punti deboli della sua dissertazione

Quindi, per il giornalista Travaglio di una testata che propone una linea politica ed editoriale ben chiara, se a parlare è un altro giornalista (Nicola Porro), sfortunatamente Mediaset, scatta subito l’accusa di non perseguire la verità e fare informazione, come è il caso di Travaglio, ma d’essere al soldo di Belzebù e quindi inattendibile.
Con il giornale “Il Riformista” e l’articolo firmato da Sansonetti, il nostro si trova in maggiori difficoltà, perché il quotidiano citato è stato fondato da Antonio Polito, ex marxista- Leninista, che nel 2006 si candidò alle politiche nella lista “Democrazia e Libertà – La Margherita“, e la denuncia è siglata da Piero Sansonetti: ex direttore di “Liberazione”, il quotidiano di “Rifondazione Comunista”. Insomma, “Il Riformista”, come avrete capito, non è proprio un giornale di destra, sistemico a Berlusconi e alleati. E allora cosa s’inventa Travaglio? Che il suo vicedirettore è Deborah Bergamini, ex portavoce di Berlusconi e quindi appestata. La Bergamini non ha scritto nulla a favore del Cavaliere, in questo frangente, ma basta solo la sua presenza per trasformare il povero Sansonetti, che spera ancora nella Rivoluzione bolscevica” in un bieco fascistello o in un palazzinaro senza scrupoli.

Smentire il “mai detto” e risuscitare La Palice

Ma non basta: abbiamo anche lezioni di giurisprudenza. Infatti, Travaglio prosegue con: “Ora, anche uno studente al primo giorno di Giurisprudenza sa che: a) una sentenza civile di primo grado non può smentirne una penale di Cassazione e in ogni caso questa riguarda profili diversi dalla frode fiscale Mediaset; b) i processi si celebrano nelle aule di giustizia, non a casa dell’imputato col registratore più o meno nascosto“.

L’impianto di condanna, però, è smentito

Tralasciando dall’elenco il “b”, per non mortificare l’intelligenza altrui con espressioni da Generale La Palice, a dire il vero nessuno ha detto o scritto che la sentenza del tribunale civile “cancellava” quella della Cassazione. Cosa diversa è dire che se una sentenza afferma che una società era fittizia, costruita appositamente per fare del “nero” e un’altra sentenza dimostra che questa società d’intermediazione non è affatto fittizia, allora è del tutto legittimo dire che il tribunale civile di Milano ha smentito il presupposto di condanna dichiarato dal tribunale penale e dalla Cassazione.

Il rimorso di coscienza non esiste più

Infine, c’è la questione che anche Amedeo Franco firmò le 208 pagine della motivazione per la condanna di Berlusconi e quindi era d’accordo con gli altri giudici sul condannare il Cavaliere. Bene, ma ho una domanda da porre a Travaglio: esiste ancora la coscienza che spinge un uomo a confessare un proprio errore, forse commesso per convenienza professionale? Evidentemente no: Berlusconi “è stato condannato perché ritenuto colpevole, in base a una valanga di prove documentali e testimoniali, di una gigantesca frode fiscale da 368 milioni di dollari sui diritti tv di Mediaset”. Però la condanna riguarda una frode al fisco di 7,3 milioni di euro, occultati nel 2002 e 2003, quando Berlusconi era Presidente del Consiglio, certamente non si occupava del palinsesto Mediaset, dell’acquisto di film e tanto meno delle tasse del gruppo. In ogni caso, delle due l’una: o hanno sbagliato i giudici della corte penale o quelli della corte civile.


Massimo Carpegna

Massimo Carpegna
Massimo Carpegnahttp://www.massimocarpegna.com
Docente di Formazione Corale, Composizione Corale e di Musica e Cinema presso il Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena e Carpi. Scrittore, collabora con numerose testate con editoriali di cultura, società e politica.