Si complica il salvataggio di Julen

Operazione già difficile a causa delle condizioni del territorio aggravate dall'arrivo delle piogge previste nelle prossime ore

Complessa operazione di recupero

Si complica ulteriormente l’operazione di recupero del piccolo Julen Jimenez, intrappolato in un pozzo nella campagna di Totàlan da quasi sei giorni.

Un’operazione già difficile a causa delle condizioni del territorio aggravate dall’arrivo delle piogge previste nelle prossime ore.

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E’ stato fatto un tentativo di “risucchiare” il tappo di materiale aggregato, trovato ad una profondità di 71 metri, operazione lenta e molto problematica. Successivamente, una galleria orizzontale è stata scavata per arrivare perpendicolarmente alla base dove si crede che il bambino sia, ma il terreno instabile ha impedito ai soccorritori di procedere in sicurezza.

Ora si tratta di raggiungere Julen, attraverso due tunnel verticali paralleli alla fossa di prospezione del pozzo, aprendo infine un varco, attraverso piccole gallerie orizzontali.

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Secondo Ángel García Vidal rappresentante dell’Università di Ingegneria Civile di Malàga, sono impiegati al massimo tutti gli sforzi umani e meccanici, ma le difficoltà sono troppo grandi, in un “troppo breve” tempo a disposizione. Un lavoro di questa portata, in condizioni normali, avrebbe richiesto mesi di lavoro, secondo l’opinione di Vidal.

Le soluzioni adottate per il salvataggio di Julen

Le soluzioni per il salvataggio di Julen

Ogni soluzione tecnica sembra aver incontrato serie difficoltà nella sua esecuzione, mentre tutto il mondo resta con il fiato sospeso.

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Ieri si è dovuto in primo luogo proteggere il bambino dalle vibrazioni causate dai movimenti della terra e da quelle prodotte dagli scavi, che possono causare distacchi di materiale interno al pozzo, in qualsiasi momento.

L’operazione di recupero quindi, segue diverse battute di arresto.In condizioni normali e favorevoli, le “alesatrici del tunnel”, che prevedono di iniziare il loro lavoro oggi, potrebbero impiegare tra le 12 e le 16 ore per trivellare 50 metri.

Una volta al culmine dello spazio in cui si crede che il bambino sia, i minatori del team di Salvamento de Hunosa praticheranno “manualmente con un piccone e protezioni in legno” due gallerie orizzontali che misurano un metro per 1,20 per raggiungere il piccolo.

L’idea è quella di facilitare il più possibile la strada ai minatori che saranno i primi a vedere il piccolo Julen.

Un corpo d’élite per salvare il bambino

Un corpo d’èlite per salvare Julen – la Brigata di salvamento Hunosa[/caption]

Il completamento del tunnel parallelo al pozzo, sarà protetto e intubato in modo che non affondi o subisca perdite d’acqua. Gli esperti minatori scelti, discenderanno per creare il telaio di pali che permetta alle pareti di resistere alla pressione della terra. Verrà collegata un telecamera a 80 metri di profondità, che permetta di controllare innanzitutto se il bambino sia davvero in quel punto.

Se non fosse lì, il minatori dovranno continuare a perforare il terreno fino ai 100 metri di profondità.

Questo corpo d’élite di soccorritori è addestrato a superare grandi stress di ordine psichico e fisico.  Santiago Suárez García è stato a capo della Brigata di soccorso delle miniere delle Asturie per quattro anni, dal 2005 al 2009.

In una dichiarazione rilasciata a ” El Paìs”, Garcìa spiega: “Ciò che ci distingue è il lavoro in atmosfere irrespirabili con attrezzatura respiratoria autonoma a lungo termine”. All’interno del pozzo infatti i minatori dovranno muoversi a visibilità zero in uno spazio minimo.

Secondo Garcìa, il vero problema non è come tirar fuori il piccolo Julen, ma evitare pericoli all’interno.

Una drammatica vicenda che si tinge di giallo

A complicare il tutto, le dichiarazioni dell’operatore che ha realizzato il pozzo “abusivo”, e le opinioni di altri ingegneri esperti.

Ho coperto il pozzo e qualcuno ha rimosso la pietra e la terra che lo ha sigillato“, questa l’inquietante dichiarazione rilasciata da Antonio, operatore responsabile della costruzione della struttura infernale, a “‘Espejo Público” .

L’uomo sembra non capire la dinamica della caduta del piccolo nel pozzo, assicurando che  dopo la costruzione del pozzo nella fattoria di Totàlan, l’ingresso era stato sigillato. Inoltre Antonio, dichiara anche che alla fine dei lavori, il pozzo aveva un diametro di 21 cm e non di 25.”Non c’è spazio per un bambino, come dicono tutti, perché il bambino di due anni è più grande, e dato che hanno una giacca in inverno , hanno un cappotto … tutti dicono che il bambino non è lì” spiega l’operatore.

Anche Luis Avial, direttore tecnico di Falcon High Techdudan, dubita che il piccolo sia dentro al pozzo. Secondo l’esperto è strano che il bambino sia sotto una spina di sabbia: “Dal mio punto di vista, non ha alcun senso tecnico, ma capisco che dobbiamo fare tutto il possibile a causa della possibilità che sia lì, sono certamente scettico su questo tema“, ha detto ad Atresmedia.

Con anni di esperienza alle spalle e proprietario di una società di perforazione, anche Francisco Barranquero è di questo avviso.

Il buco non ha una direzione verticale. In cento metri ci può essere una deviazione di fino a due e tre metri verso i lati.  È possibile che un bambino non resti bloccato e abbia raggiunto il fondo? ” dice l’esperto.

Per ora, stanno estraendo una grossa spina di terra incontrata a 73 metri di profondità.

Non sappiamo quanto sia profonda la spina. Non sappiamo cosa ci sia alla fine del pozzo ” ha dichiarato la Guardia Civile .

di Monica Ellini