Stretta creditizia: le banche erogano meno soldi

Le banche chiudono i rubinetti del credito per scarsa fiducia nella ripresa economica.

Arriva la prima stretta creditizia da quattro anni. Le banche erogano meno soldi e con criteri sempre più selettivi verso privati e imprese.

La stretta creditizia pesa in Italia dopo 4 anni di concessioni più flessibili

Il Regional Bank Lending Survey è l’indagine periodica della Banca d’Italia che valuta il rapporto domanda e offerta di credito e raccolta bancaria nelle regioni.

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Dall’indagine è saltata fuori la stretta creditizia che l’anno scorso ha limitato notevolmente la flessibilità nella concessione dei crediti in atto dal 2014.

Tutti i settori imprenditoriali risentono di questa stretta a partire dall’edilizia, in crisi da anni, che fa i conti con condizioni di accesso al credito ancora più rigide del passato.

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Le ragioni della stretta nell’accesso al credito

La stretta creditizia sembra coinvolgere tutti: dai principali gruppi bancari ai piccoli istituti. Il cambio di rotta è ancora più marcato al Centro Sud e dipende da vari fattori:

  • Maggiore rischio di indebolimento dell’attività economica
  • Riduzione dell’effetto concorrenza tra banche che in questi anni le aveva spinte a concedere credito più facilmente
  • Calo della fiducia nel sistema produttivo
  • Aumento della percezione di rischio nel concedere credito alle imprese
  • Inasprimento dei requisiti patrimoniali per le aziende che ricorrono al credito

La stretta creditizia dipende anche dal calo di domanda

Le imprese, ad eccezione del Nord Est, hanno comunque ridotto la richiesta di credito, specie per le attività produttive, segno che risentono di un rallentamento della crescita che le costringe a rinviare a tempi migliori l’accesso ai finanziamenti.

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I mutui al Nord non risentono della stretta creditizia

Le famiglie settentrionali, più che altrove, continuano a richiedere mutui per l’acquisto della casa, ma cercano anche di tenere i risparmi nei depositi, temendo una situazione economica ancora instabile.

L’intervento della BCE per contrastare la stretta creditizia

L’andamento altalenante dell’economia e i riflessi sul credito hanno preoccupato anche la Banca Centrale Europea.

L’ultimo regalo di Mario Draghi prima di cedere il testimone a Christine Lagarde, è stato proprio quello d’intervenire a sostegno dei finanziamenti erogati dalle banche, specie per i piccoli prestiti.

Come già anticipato da Quotidian Post, Draghi si è mosso in due direzioni:

  • I tassi d’interesse praticati dalla BCE al sistema bancario restano invariati fino a fine 2019
  • Saranno concessi prestiti a tasso agevolato a partire da settembre, che aiuteranno le banche a mantenere sostenibili gli interessi per la clientela.

La stretta creditizia sarà anche uno dei temi sul tavolo di Christine Lagarde

Di formazione giuridica e linguistica, Christine Lagarde dovrà farsi le ossa nella BCE, ma vanta già l’esperienza maturata al Fondo Monetario Internazionale.

Secondo molti operatori e giornalisti economici Lagarde assumerà il nuovo incarico dal primo novembre avendo la strada già tracciata dal predecessore Mario Draghi.

Draghi, infatti, avrà ancora quattro mesi di lavoro prima di lasciare la carica e sta puntando ad iniziative di stimolo dell’economia.

Il famoso bazooka del quantitative easing, ha permesso all’attuale governatore BCE di acquistare titoli pubblici sul mercato secondario aiutando gli Stati a finanziare il debito pubblico, a stimolare la crescita e a orientare l’offerta del credito bancario.

Questo stimolo dovrebbe cessare definitivamente entro l’anno, ma Lagarde dovrà studiare nuove strategie, per garantire che privati e imprese abbiano accesso facilitato al credito.

Nessun probabile cambiamento nella sorveglianza dei bilanci pubblici dei Paesi Ue. La BCE dovrebbe vigilare sul mantenimento in equilibrio dei conti, senza allargare più di tanto i margini di flessibilità.

A meno che le autorità europee non decidano di seguire una strategia politica e monetaria più espansiva per disinnescare la forza crescente dei partiti “sovranisti”.