Al via l’appello contro estradizione di Assange negli Usa. La moglie: “Rischia di morire”

Due giorni decisivi per il futuro del fondatore di Wikileaks: l'Alta corte londinese deciderà se approvare o meno il ricorso presentato dagli avvocati del giornalista

Prossimi due giorni decisivi per il futuro e per la vita di Julian Assange, giornalista e fondatore di Wikileaks, imprigionato a Londra, nel carcere di Belmarsh, dal 2019. L’Alta corte britannica ha programmato due giorni di udienze, martedì e mercoledì, per discutere del ricorso presentato dagli avvocati dell’australiano contro l’estradizione negli Stati Uniti, paese che lo accusa di spionaggio e che ha emesso nei suoi confronti un mandato di cattura. L’accusa è quella di aver pubblicato tramite Wikileaks 700mila documenti inerenti alle attività belliche degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan. Queste accuse comportano almeno 175 anni di carcere, ma per la moglie Stella equivalgono a una dichiarazione di morte vera e propria.

Assange non sarà presente davanti alla Corte che giudicherà il ricorso presentato dai suoi difensori. Secondo questi ultimi sta vivendo un momento molto critico sul piano ella salute, come tra l’altro denunciato più volte dall’ex relatore Onu Nils Melzer. “La sua salute è in declino, fisicamente e mentalmente”, ha detto di recente Stella Assange ai giornalisti poche ore prima che cominciasse la prima udienza. “La sua vita è a rischio ogni singolo giorno in cui rimane in prigione, e se viene estradato, morirà“. Davanti al tribunale londinese centinaia di persone provenienti da tutto il mondo si sono riunite a sostegno del giornalista, vari sit-in e cortei hanno voluto manifestare sostegno alla richiesta di non estradizione. Non è la prima udienza contro il giornalista, già nel 2021 l’Alta corte britannica decise di non estradare Assange per via dell’alta possibilità che si togliesse la vita nelle prigioni di massima sicurezza americane.

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Gran parte dei documenti, hackerati grazie al supporto dell’analista Chelsea Manning, hanno provocato un grande terremoto negli Stati Uniti. A partire dal 2010, anno della prima pubblicazione dei file da parte di Wikileaks, si è cominciato a parlare dei crimini di guerra e delle attività illegittime commesse da Washington, soprattutto in Iraq e Afghanistan: in un video in particolare, intitolato ‘Collateral Murder’ e risalente al 2007, si vede un elicottero Apache sparare proiettili contro cittadini inermi e giornalisti. Tra questi vi erano anche due reporter della Reuters, morti sul posto.