Mentre sotto l’ombrellone e con un spritz in mano si discute di TAV, discoteche balneari e inni intonati in luoghi imprevedibili, i ghiacci della Groenlandia si trasformano in acqua dolce, la Siberia brucia e i cambiamenti climatici non sono più l’allarme fantasioso di qualche ambientalista. Il premio Nobel per la Fisica Carlo Rubbia, in una seduta del Senato il 26 novembre 2014, confutò le teorie di chi gridava al pericolo imminente ed oggi, probabilmente, sarebbe più prudente nelle sue dichiarazioni.
Il summit sulla desertificazione del pianeta
Lo scorso 17 giugno a Ouagadougou, in Burkina Faso, si è tenuto un summit dal titolo Day to Combat Desertification and Drought, con presenti 170 delegati di organizzazioni internazionali e governi. La conclusione è stata che il ruolo, svolto dai cambiamenti ambientali nelle migrazioni nel mondo, cresce in modo inesorabile ed esponenziale. La previsione è che, entro il 2025, 135 milioni di profughi climatici, a causa della desertificazione dei terreni in Africa, tenterà di raggiungere l’Europa, sbarcando nei Paesi che s’affacciano sul Mediterraneo. L’Italia, in primis. Quelli che oggi provano a raggiungere il nostro Paese, sono sostanzialmente i “ricchi” dell’Africa, quelli che da soli o con il concorso dell’intero villaggio sono riusciti a pagare tutto o in parte il costo del trasbordo. Hanno il compito di trovare lavoro e mandare parte dei loro guadagni alla famiglia e a chi li ha aiutati in questa avventura.
Nella maggioranza, quindi, sono emigranti economici. Oggi sono sufficienti meno di 300 dollari al mese per vivere decorosamente e quello che noi consideriamo un povero, perché possiede solo una bicicletta per spostarsi, dorme in un casolare abbandonato, prende i vestiti dalla Caritas e mangia ciò che gli offre una delle tante associazione di volontari o cooperative sociali, ad altre latitudini è un benestante. Quando arriveranno alle nostre coste quelli che veramente giocano l’ultima carta per restare vivi, e non coloro che aspirano a migliorare la loro condizione sociale ed economica, non ci saranno porti chiusi o sequestri di navi a fermarli.
Emigrazione di massa, fenomeno globale
Ma non sono solo gli Africani ad essere colpiti da una povertà diffusa che s’è aggravata a causa del clima. Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre, 24,2 milioni di persone sono emigrate nel 2016 per cause ambientali in 118 Paesi del mondo e queste persone, in larghissima maggioranza, sono asiatiche. Monique Barbut, segretario della United Nations Convention to Combat Desertification, ha affermato a Ouagadougou che «più di 375 milioni di giovani entreranno nel mercato del lavoro nei prossimi 15 anni. Tra loro, 200 milioni vivono in zone rurali».
Il Presidente del Burkina Faso, Roch Marc Christian Kaboré, del Mali, Ibrahim Boubacar Keita, e della Nigeria, Mahammadou Issoufou, hanno aggiunto che: «siccità, insicurezza alimentare, crisi idrica, disoccupazione, disillusione per il futuro e povertà sono terreno fertile per l’estremismo e sintomo di insicurezza, instabilità e insostenibilità». Secondo le Nazioni Unite, la temperatura in Africa aumenterà di una volta e mezza in più del resto del mondo e le zone più colpite saranno l’Africa sub-sahariana e il Sahel, dove già sono scomparse ampie distese coltivabili e il bestiame è stato decimato per mancanza di acqua.
L’unica soluzione per non estinguerci
- Desertificazione
- emigrazione di massa,
- terrorismo,
- frantumazione di tutti i sistemi socio economici
Che fare? Se il genere umano avesse intelligenza quanto egoismo, basterebbe porsi una semplice domanda e a questa dare la risposta più logica: è meglio continuare a vivere con un nuovo patto tra i popoli della Terra e il pianeta stesso o estinguerci?
Le soluzioni si conoscono e sono smettere di credere e premere per una crescita infinita dei consumi, imparare a rispettare l’unica casa che abbiamo, poiché non ne abbiamo una ugualmente meravigliosa di ricambio, pronta ad ospitarci, e aiutare l’Africa a diventare un continente progredito, padrone del proprio destino, garante di una vita sicura e decorosa per tutti i suoi abitanti.
Il tempo in cui s’ottenevano le concessione d’estrazione, di sfruttamento di qualsiasi risorsa per una collanina di vetri colorati sono finiti. Devono finire, che convenga oppure no a Cina, Francia, Belgio, Olanda, Stati Uniti… a tutti le Nazioni che non hanno alcun interesse a dover trattare con governi e popoli istruiti, consci del valore proprio e della ricchezza che possiedono. L’alternativa è la morte. Anche per coloro che, egoisticamente, pensano oggi a riempirsi le tasche, convinti che, quando l’Apocalisse busserà alla porta, sarà compito di altri trovare la soluzione e l’intelligenza umana saprà trovarla.
Massimo Carpegna