Diventare madri sotto le bombe della Siria

Il conflitto in Siria ci raggiune quotidianamente ma distrattamente, lasciando in sospeso molti aspetti e in particolare le voci di tutte quelle donne che affrontano la maternità in completa solitudine. Circa il 64% degli ospedali del Paese sono danneggiati, ad Aleppo restano soltanto 36 medici a garantire socc0rso eppure madri e neonati esistono e sono in costante aumento.

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Le loro storie si mescolano per avere poi medesimo esito. Donne che avrebbero dovuto recarsi in ospedale per il normale controllo delle gravidanze ma che non riescono ad affrontare la strada per via dei pericoli che vi si possono incontrare continuamente. Piogge di proiettili, posti di blocco che non permettono l’avanzata sono solo alcune delle difficoltà che una madre siriana si ritrova a combattere quotidianamente. A raccontare è Save the Children, associzione umanitaria che si occupa delle famiglie in difficoltà, la quale ha pubblicato un dossier sulle condizioni di vita delle madri nel mondo per il 2014. La situazione si mostra preoccupante e deludente. Il parto, a priori un evento tanto miracoloso quanto incontrollabile, in Siria è sottoposto a complicazioni spaventose. Queste madri, costrette a partorire in casa, non sanno cosa aspetterà sé stesse e il proprio bambino e solo le più fortunate riescono a recuperare gli aiuti di alcune ostetriche che si trovano nelle vicinanze.

In Siria non si conosco cure continuative per chi decide di affrontare una gravidanza. Non esiste il ciclo prenatale-parto-postnatale e in base a questo moltissime donne sono costrette a mettere al mondo i bambini senza la necessaria assistenza di personale qualificato. Anche la percentuale dei medicinali è crollata di circa il 70%, mancano ambulanze e addette alla cura delle gestanti. Proprio per questo la pratica del parto cesareo è considerara una valida alternativa, prima utilizzato di rado, supera ora il 40% dei casi perché permette in qualche modo di poter cotrollare la nascita e preparare la futura madre.

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Ma secondo il chirurgo britannico David Nott, che a lavorato a lungo negli ospedali siriani, questo comportamento non avviene con casualità. Sono i cecchini i primi a individuare le donne incinte e sparare su di loro, sui loro ventri, estrarre da quei corpi neonati di sei, sette, massimo otto mesi. Innumerevoli le donne che arrivano in ospedale per ferite allo stomaco.

I dati parlano chiaro e in vent’anni di volontariato in zone di guerra Nott non ha mai visto un accanimento simile verso le donne e la maternità. Un autentico attacco alla vita.

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