Foibe: un tabù che divide l’italia

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“Il Parlamento con decisione largamente condivisa ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale.Per troppo tempo le sofferenze patite dagli italiani giuliano-dalmati con la tragedia delle foibe e dell’esodo hanno costituito una pagina strappata nel libro della nostra storia,oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c’è posto per l’estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche“
Queste le parole del presidente Sergio Mattarella, dopo aver partecipato alla celebrazione del Giorno del Ricordo che si è tenuta alla Camera dei Deputati,durante la giornata l’udienza con anche i rappresentanti delle associazioni delle vittime e dei loro familiari, insieme al presidente del Senato, Piero Grasso.
Il ricordo delle foibe,ancora oggi divide l’Italia tra destra e sinistra.
Ieri sera momenti di tensione durante una cerimonia organizzata dal partito di destra Fratelli d’Italia: gruppi di anarchici e dei centri sociali si sono scontrati con alcuni militanti di Casapound, ma i carabinieri hanno evitato che la situazione degenerasse.
Le foibe però spesso sono ancora oggi un tabu’, in passato era infatti quasi vietato parlarne.
C’è stata spesso una sottovalutazione storica dell’argomento, per questo la maggior parte dei giovani intervistati non conosce l’accaduto.
Ecco qui sotto un breve riassunto:

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  • La prima ondata di violenza esplose dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi si vendicarono contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Li considerarono nemici del popolo: torturarono e gettarono nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) circa un migliaio di persone.
  • La violenza aumentò nella primavera del 1945: alla fine della seconda guerra mondiale l’esercito jugoslavo occupò Trieste e l’Istria (fino ad allora territorio italiano) per riconquistare i territori che, alla fine della prima guerra mondiale, erano stati negati alla Jugoslavia.
  • Tra il maggio e il giugno del 1945 migliaia di italiani abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra. Altri furono uccisi dai partigiani di Tito, gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati. Secondo alcune fonti le vittime furono tra le quattromila e le seimila, per altre diecimila: ex fascisti, collaborazionisti e repubblichini, ma anche partigiani che non accettavano l’invasione jugoslava e normali cittadini. In Istria sono state trovate più di 1.700 foibe.
  • Uno dei principali monumenti alle vittime si trova a Basovizza, alle porte di Trieste. Qui è stata trovata una foiba che in realtà era il pozzo di una miniera di carbone che, scavata nella roccia agli inizi del novecento, fu poi abbandonata. Vi sono state gettate almeno 2.500 persone nei 45 giorni dal 1 maggio al 15 giugno 1945.
  • A Gorizia, Trieste e Pola le violenze cessarono solo con la sostituzione dell’amministrazione jugoslava con quella degli alleati, il 12 giugno 1945. Per nove anni Trieste rimase sotto il controllo di un governo militare alleato (americano e britannico).
  • Il 10 febbraio 1947 il trattato di Parigi assegnò alla Jugoslavia le province di Pola, Fiume, Zara e parte dei territori di Trieste e di Gorizia. Dal 1943 al 1947 furono almeno 250mila gli esuli italiani.
  • Solo nell’ottobre del 1954 l’Italia prese il pieno controllo di Trieste, lasciando l’Istria all’amministrazione jugoslava.
  • Dal 2005 la giornata del 10 febbraio è dedicata alla commemorazione delle foibe e del successivo esodo forzato della popolazione italiana.

Fonte: Internazionale