Gestione dei migranti: Italia nei guai

La redistribuzione dei migranti arrivati in Italia è ostacolata da esigenze interne europee e crisi internazionali.

Nella gestione dei migranti l’Italia si sta cacciando nei guai e non è la prima volta.

Gestione dei migranti: Italia nei guai.  Gli accordi internazionali sono più complicati del previsto

Ogni volta che si discute di flussi migratori saltano fuori “i passi avanti” emersi al vertice di turno.

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Meno di un mese fa, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sembrava convinta di aver aperto una breccia nel muro dei Paesi europei, di solito poco collaborativi con l’Italia.

La redistribuzione dei migranti regolari, coinvolgendo Francia e Germania, puntava ad aprire una “nuova frontiera” nei rapporti di buon vicinato europeo.

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Ma l’Europa distingue tra migranti in arrivo su navi militari e delle ONG, da accogliere per motivi umanitari, e i barchini degli scafisti che approdano senza regole.

Per questi ultimi, l’UE si è chiusa a riccio per ragioni di sicurezza e di politica interna.

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Gestione dei migranti: l’Italia nei guai. Troppe defezioni in Europa

Come riporta Gian Micalessin i ministri dell’interno europei valuteranno nell’incontro di oggi in Lussemburgo se trasformare la bozza di lavoro di Malta in un’intesa formale.

Il guaio è che, in un mesetto, le cose si sono complicate parecchio.

Francia, Germania e Paesi dell’Europa orientale marciano molto più decisamente con il freno a mano tirato per una serie di gravi motivi:

  • Il premier turco Recep Tayyp Erdogan è pronto a lanciare un’azione militare su larga scala nel nord della Siria per creare una zona cuscinetto in cui sistemare i rifugiati
  • Erdogan usa spesso l’intimidazione come arma di pressione politica. Lo aveva fatto anche nel 2015, minacciando di non controllare i flussi migratori dalla Siria e l’Europa lo aveva rabbonito con svariati miliardi di euro
  • Il problema è che i turchi vogliono regolare anche i conti con i curdi e l’Europa sperava nell’intervento americano per fermarlo
  • Il presidente Donald Trump sembra di parere opposto e ha deciso di ritirare le truppe dalla zona curda
  • Gli Stati Uniti vogliono smarcarsi da un’area calda per motivi di politica interna e Trump guarda con attenzione alle presidenziali 2020
  • Gli americani vogliono inoltre vedere se Erdogan vuole davvero l’escalation o sia piuttosto un bluff a uso interno e non spingerà l’azione fino al punto di rottura.

Le conseguenze dell’azione turca e l’effetto domino verso Europa e Italia

Francia e Germania temono che l’intervento militare turco provochi un esodo incontrollato di rifugiati dal fronte siriano e alzano la guardia.

Il governo giallo-rosso ha avuto sostegno nell’establishment europeo, ostile a Matteo Salvini, ma nessuno vuole accogliere in toto la proposta Lamorgese di una massiccia redistribuzione.

La paura è l’effetto domino: se fosse accolta la richiesta italiana, anche la  Grecia pretenderebbe altrettanto.

La situazione si aggraverebbe proprio nel momento in cui anche la rotta balcanica dei rifugiati si sta infiammando.

La cancelliera Angela Merkel fatica ad arginare la crescita di Alternative für Deutschland che ottiene grandi consensi proprio in tema d’immigrazione.

In Francia, Emmanuel Macron è altrettanto fermo sul controllo dei flussi migratori, in vista delle presidenziali 2022, temendo l’avanzata di Marine Le Pen.

L’Italia rischia di trovarsi da sola con gli sbarchi in crescita

A gettare benzina sul fuoco in Italia ci ha pensato il governo giallo-rosso, che ha superato la politica dei “porti chiusi” dell’ ex ministro Salvini.

I risultati non si sono fatti attendere: 947 sbarchi del settembre 2018 sono diventati 2.498 nell stesso mese di quest’anno con un’impennata del 263%.

La Francia ha già lanciato l’allarme e si prevede che la Gendarmeria nazionale userà di nuovo la mano pesante al confine di Ventimiglia.

Il ministro Lamorgese rischia di ottenere una semplice intesa semestrale che Parigi e Berlino potranno interrompere se il numero degli immigrati aumentasse all’improvviso.

Il problema dei porti di prima accoglienza

Altra grana per l’Italia è la questione del porto di arrivo. Se ne parla da Anni e Malta ha sempre dichiarato di poterne accogliere pochi.

I porti alternativi di altri Paesi europei interverrebbero ma solo su “base volontaria” e in caso di aumento sproporzionato di migranti in un unico stato europeo.

Soluzione politica che non impegna nessuno e che ognuno interpreterà nel modo più elastico possibile.

La furbata dell’accordo semestrale

Un accordo semestrale coincide sostanzialmente con il periodo autunno-inverno. E’ chiaro che tutti i Paesi sperano nel maltempo per bloccare partenze e sbarchi.

Questo però non impedirà al governo giallo-verde di affrontare mesi incandescenti, specie tra 27 ottobre e 26 gennaio quando ci saranno le elezioni in Umbria ed Emilia-Romagna.

E’ evidente che la Lega sparerà a palle incatenate sull’aumento dei flussi migratori e le conseguenti morti in mare avvenute anche in questi giorni.

Partenze e naufragi. Tragica concomitanza

Come sottolinea Andrea Indini l’ultimo naufragio, a sei miglia dalle coste di Lampedusa, non lascia indifferente nessuno e ha scatenato feroci polemiche.

Decine di donne e bambini annegati riaprono il tema doloroso delle vittime del mare e molti pensano che ridurre il più possibile le partenze eviti tante morti.

Ecco i dati del Viminale degli ultimi due anni:

  • Nel 2018 ci sono state 23 vittime e 2377 dispersi (cioè altri morti)
  • Dal 1 gennaio al 31 agosto 2019 si registrano 4 vittime e 839 dispersi
  • Solo nell’ultimo naufragio si contano invece 13 vittime e decine di dispersi

Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, preoccupato per gli arrivi, punta sull’aumento dei rimpatri nei Paesi di provenienza entro 4 mesi per chi non ottiene lo status di rifugiato.

Il guaio è che molti trattati ancora non esistono e quelli già operativi funzionano a rilento, a partire dall’accordo con la Tunisia, meno fruttuoso del previsto.

Situazione sempre più incandescente per il governo giallo-rosso che fronteggia il problema dei migranti senza troppi aiuti concreti dalla sponda europea.


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