Si concluderà felicemente la vicenda della torinese Elisabetta Boncompagni, 42 anni, e di Tomaso Bruno, 31 anni, di Albenga, i due italiani condannati all’ergastolo in India con l’accusa di aver strangolato, nel 2010, il loro compagno di viaggio Francesco Montis, originario di Terralba (Oristano): accusa per la quale si sono sempre proclamati innocenti. La Corte Suprema indiana ha infatti annullato il provvedimento a loro carico emesso dall’Alta corte dell’Uttar Pradesh, che li aveva portati nel “District Jail”, carcere distrettuale di Varanasi, dove hanno vissuto in condizioni durissime, e ha ordinato la loro scarcerazione.
Alla fine gli avvocati indicati dall’ambasciata italiana sono riusciti a smontare l’impianto accusatorio: non era vero che Elisabetta avesse una relazione con Tomaso, ragion per cui avrebbero ucciso Francesco Montis a cui la donna sarebbe stata legata (circostanza negata anche dai loro amici); le lesioni trovate sul corpo del deceduto erano già presenti prima della sua morte, avvenuta per asfissia ma non a causa di uno strangolamento; sono state trovate altre ferite sul cadavere che però sarebbero state provocate durante il trasporto del giovane in ospedale; Francesco aveva problemi di salute, come confermato dalla madre, Rita Concas; si sospetta che facesse uso di stupefacenti ed infine il referto medico parla di ematoma al cervello che potrebbe essere stata l’unica causa del decesso.
I due italiani, increduli ma ovviamente felicissimi per la loro scarcerazione, potrebbero essere a casa già nel week-end. Il nostro ambasciatore in India, Daniele Mancini, era presente alla lettura del verdetto e ha espresso “grande soddisfazione per il risultato ottenuto”.
Non altrettanto, però, la madre di Francesco che, dopo aver difeso i due imputati dichiara: “Sono senza parole, perché non dovevano farli uscire. È come se avessero ucciso di nuovo mio figlio”.