La maionese del McDonald piove su Roma

Esistono 48 punti McDonald dislocati per le vie di Roma. Presto ne saranno aperti anche altri due: uno davanti al Pantheon e un altro affianco alle Terme di Caracalla.

L’omologazione è già partita da tempo e provare a fermarla non è più possibile. Dove c’è meraviglia, ci sono file di gente e dove ci sono file di gente, c’è McDonald. Il gagliardetto della più popolare catena di fast food al mondo è un pagliaccio dal viso dipinto di bianco e dalle guance tutte rosse: il suo nome è Ronald McDonald. Il simpatico clown simbolo della globalizzazione alimentare e culturale non solo è ricco sfondato, ma presto avrà anche un ristorante vista Pantheon ed un altro accanto alle Terme di Caracalla. O forse no. Forse no, perché mentre all’inizio i progetti di realizzare due punti di ristorazione made in USA davanti al Pantheon ed affianco alle Terme di Caracalla avevano ricevuto pareri positivi dal Ministero, ora subiscono invece due stop.

La dittatura degli hamburger ha contagiato tutto il mondo e tutta Europa. Nel 1995 fu alzato un McDonald a Oporto, in Portogallo, rimpiazzando lo storico Cafe Imperial che sopravviveva sin dagli anni ’30. Uno straordinario modello di design vintage Art Deco nato a cavallo tra le due guerre. A Parigi è possibile osservarne uno in mezzo agli Champ Elysees, a pochi passi dall’Arco di Trionfo. Nei pressi del Big Ben, a Londra, ce n’è un altro. A Barcellona c’è un punto McDonald di fronte alla Sagrada Familia, l’enorme basilica in stile neo-gotico simbolo della città catalana. Il monumento spagnolo più visitato ogni anno.

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Poi c’è la città eterna, che anche lei soffre di varicella da fast food. Basti pensare che ce n’è uno in Piazza di Spagna, uno davanti alla Fontana di Trevi, un altro nelle prossimità di Piazza Navona e tantissimi altri. Per la precisione altri 45. Tutti dislocati per le vie di Roma. Quella delle patatine fritte a stelle e strisce è dunque una patologia fortemente consolidata nella capitale, cominciata addirittura nel 1986, proprio in Piazza di Spagna. Come oggi, anche allora, proteste, lamentele e una città divisa.

Da una parte le critiche alla globalizzazione, che sottomette l’uomo al processo produttivo, che lo uniforma agli stili di vita dettati dal dio mercato, che ci fa mangiare, vestire e pensare allo stesso modo, che azzera l’identità di ognuno e che sacrifica il patrimonio artistico delle città in cambio degli hamburger marca yankee. Dall’altro lato del campo sono invece schierati i ragazzini, i curiosi, gli I-Phone dipendenti e tutte le multinazionali e gli industriali che vivono risucchiati dentro un’esistenza costantemente competitiva, consumistica, obesa e spendacciona.

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Riccardo Chiossi