L’Arabia Saudita sfida la Turchia in TV. Ecco come.

Lo scontro tra Riad e Ankara si estende anche alla sfera televisiva. Una nuova forma di guerra a colpi di serie TV.

L’Arabia Saudita sfida la Turchia anche in TV. Ecco come la giornalista Futura d’Aprile spiega la competizione tra i due Paesi per accrescere l’influenza in Medio Oriente.

Il 17 novembre la Middle East Broadcasting Center (Mbc), nonché emittente televisiva privata più grande del mondo arabo, lancerà una nuova serie dal titolo Kingdoms of fire.

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Si tratta, in effetti, del racconto dedicato al declino dello Stato dei Mamelucchi, avvenuta all’inizio del XVI secolo.

L’Arabia Saudita sfida la Turchia in TV. Ecco come la storia entra in scena.

I Mamelucchi hanno una storia plurisecolare. In breve, erano soldati non musulmani, al servizio dei califfi abbasidi a Bagdad già nel IX secolo d.C. e acquistati spesso al mercato degli schiavi.

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Questi soldati erano, di conseguenza, di origine servile e hanno combattuto anche altri eserciti musulmani, perché il mondo islamico proibiva di fare guerra ai correligionari.

In aggiunta a questo, erano svincolati dalle strutture di potere, ubbidivano agli ordini dei califfi che avevano bisogno di truppe fedeli e non invischiate nelle lotte interne di potere.

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Il loro valore militare era fuori discussione e circa 1.250 di loro riuscirono a prendere il potere in Egitto.

I Mamelucchi costituivano la più efficiente cavalleria negli eserciti a guida islamica, erano abilissimi con la scimitarra ma, a dire la verità, avevano meno dimestichezza con le armi da fuoco.

Questo limite fu la fortuna dei turchi ottomani guidati dal sultano Selim I che li sconfissero rovinosamente nel 1517, per la semplice ragione che erano meglio armati.

L’Arabia Saudita sfida la Turchia in TV. Ecco come una rievocazione storica si trasforma in scontro politico.

Tuttavia, i Mamelucchi non scomparvero dalla scena, perché alcuni servirono Selim, noto anche come Solimano il magnifico, e governarono l’Egitto con alterne vicende fino all’arrivo di Napoleone.

Ma la storia può essere strumentalizzata per fini politici e il Medio Oriente, di conseguenza, non fa eccezione.

L’obiettivo della Mbc è raccontare quanto accaduto nel passato, ritraendo l’Impero ottomano come dispotico e sanguinario.

Il destinatario della critica è la Turchia, l’eterno rivale, anche ai tempi di Mohammad Bin Salman e di Recep Tayyip Erdoğan.

Lo scontro mediatico tra Arabia Saudita e Turchia si arricchisce di un nuovo capitolo

Non è la prima volta, d’altra parte, che Ankara e Riad si “combattono” a colpi di serie tv, per infangare la reputazione dell’avversario.

Nel marzo del 2018, la Mbc aveva annunciato la cancellazione dai palinsesti di tutti i programmi acquistati dalla Turchia in maniera da evitare cattive influenze sugli spettatori sauditi.

Riad ha fatto particolare riferimento alle soap opera che ostentano il dinamismo dei giovani turchi e i progressi raggiunti, rispetto ad altre società mediorientali.

Anche in quel caso, l’intento era danneggiare Ankara accusata, in breve, di aver prodotto serie tv che davano un’idea distorta della storia regionale e dell’Arabia Saudita.

L’Arabia Saudita sferra un nuovo attacco mediatico alla Turchia

Questa volta si rincara la dose e Saudi Gazette offre una descrizione molto chiara della nuova serie tv:

 “Il drama, una delle più grandi opere d’arte degli ultimi tempi, mette in evidenza la sanguinosa storia degli ottomani e dei loro alleati arabi, la loro tirannia, i complotti, la criminalità e la distruzione della storia araba”.

La serie, prosegue l’articolo, ha l’obiettivo di svelare alcuni fatti avvenuti agli inizi del XVI secolo per contrastare la falsificazione storica messa in campo dalla Turchia nonché i crimini commessi dall’Impero ottomano in quel particolare periodo.

L’importanza della propaganda nel confronto tra nazioni

La propaganda per accusare l’avversario non è una novità.

Basta ricordare i filmati e le rappresentazioni teatrali francesi e inglesi della prima guerra mondiale che dipingevano il Kaiser Guglielmo II come un mostro, mentre i tedeschi deridevano i loro nemici con rappresentazioni altrettanto caricaturali.

Allo stesso modo, Benito Mussolini definiva la Gran Bretagna “perfida Albione”  e gli inglesi “popolo dei 5 pasti”, concludendo che fosse privo di virtù guerriera.

Saddam Hussein assisteva a recite nel 2003 che dipingevano i soldati americani come drogati irriducibili e ora sauditi e turchi si scambiano più o meno le stesse cortesie.

Come ricorda la giornalista d’Aprile, i due Paesi offrono una narrazione personalizzata degli eventi storici per dimostrare la propria superiorità rispetto all’avversario, cercando di suggestionare l’opinione pubblica della controparte.

Le serie televisive sono quindi uno strumento di confronto che abbraccia una sfera più ampia.

La posta in gioco dello scontro televisivo

La posta in gioco, d’altra parte, è la supremazia nel mondo sunnita e l’Arabia Saudita punta ad estendere la sua sfera d’influenza con le milizie fedeli che combattono in Yemen, mentre la Turchia opera in Siria in funzione anti curda.

Mosse e contromosse si susseguono e la recrudescenza nello scontro televisivo è l’ennesima prova della rivalità che regna tra Riad e Ankara.

Ultimo ma non meno importante, da due anni a questa parte la situazione si è complicata ancora di più e, in quelle circostanze, non poteva essere altrimenti.

Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain hanno imposto infatti un embargo contro il Qatar, accusato di finanziare organizzazioni terroristiche.

A causa di ciò, Il presidente turco ha offerto aiuto ai qatarioti alimentando la tensione in tutta l’area e accreditandosi, in conclusione, come leader islamico di riferimento, nonostante i suoi problemi interni.  

Ricapitolando, la guerra delle serie tv è una cartina al tornasole che misura lo stato delle cose, in attesa della risposta dei produttori televisivi turchi che, probabilmente, non tarderà.


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