Last Goodbye – Un Tributo a Jeff Buckley di Micol Beltramini e Gea Ferraris

Il prossimo 20 marzo arriva in tutte le librerie e fumetterie Last Goodbye – Un Tributo a Jeff Buckley, la biographic novel di Micol Beltramini e Gea Ferraris. Il libro fa parte della collana Icone della casa editrice e viene pubblicato nell’anno del venticinquesimo anniversario di Grace, l’unico album in studio inciso dal musicista.

Micol Beltramini e Gea Ferraris, il 23 e il 24 marzo, saranno presenti all’edizione 2019 del Be Comics, la fiera del fumetto di Padova.

Nel libro le autrici ripercorrono la sua biografia in un racconto a fumetti che culmina nel giugno del ’97 quando il corpo senza vita di Jeff Buckley venne ritrovato nel fiume Wolf Creek, in Tennessee. Figlio d’arte, dallo sterminato talento musicale, Buckley ha lasciato a soli 31 anni un’eredità immensa e schiere di fan.

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«Eravamo vicini ai vent’anni dalla morte di Jeff»,

dice l’autrice Micol Beltramini. «Mi sono ritrovata a pensare a quella quasi estate del ’97, a quando avevo sentito l’annuncio al telegiornale, alle riviste comprate nei mesi successivi, per tentare di capirci qualcosa. Ho pensato, ecco un buon momento per leggere qualcosa di più su Jeff. C’è tanto mistero intorno a questi nostri fantasmi. Li abbiamo amati così tanto, e il fatto che abbiano lasciato dietro di sé la loro opera, che siano ancora con noi ogni giorno, rende davvero difficile dire loro addio».

Il 29 maggio del 1997,

il giorno prima di iniziare a incidere il suo secondo album Jeff Buckley, trent’anni, viene inghiottito dal Wolf River a Memphis. Nel libro, venti anni dopo, sette persone che l’hanno conosciuto in vita scoprono di non essersi rassegnata alla scomparsa della sua stella, la cui luce non ha ancora smesso di brillare. «Spero che quando i lettori leggeranno il libro», continua Micol Beltramini, «sentiranno un senso di malinconia immensa, ma anche di closure, come dicono gli inglesi.

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Come se la ‘questione Jeff’ non riguardasse semplicemente Jeff ma qualunque persona abbiamo amato e perduto senza essere riusciti a fare qualcosa o a capire perché. Non che Last Goodbye sia esattamente un chiarimento, ma mi piace pensarlo come una specie di veglia-tributo, appunto. Un’occasione per parlarne ancora, ridere e piangere. Stringersi in un abbraccio. E andare per la propria strada, infine».

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