Medio oriente: situazione esplosiva il frutto di un ventennio di guerre inutili

oriente_medio

Dall’Iraq all’Afganistan, dalla Siria all’Egitto, oltre a Libia e Libano, per non parlare dei territori dell’ex Jugoslavia, a cui adesso potrebbero aggiungersi Somalia e Sudan, la situazione politica e civile sembra ad un passo dall’esplosione e i contingenti militari all’ interno dei paesi allo scopo di creare le condizioni per l’instaurarsi di un regime democratico si siano rivelati un clamoroso fallimento. A nulla sono servite le politiche belligeranti di Usa e occidente, a distanza di quasi un ventennio dai primi interventi, la situazione del medio oriente, resta sempre quella di una pericolosa polveriera.

Nell’Iraq dell’ex dittatore Sadam Hussein, semi-distrutto e pesantemente bombardato dagli americani nel 2003, sotto l’amministrazione di Bush senior, dopo un’estenuante ricerca di gas tossici mai trovati, sembra stiano per prendere sempre più piede i musulmani e Al Qaeda. La situazione non fa ben sperare, anzi potrebbe presto precipitare: troppo deboli le forze filogovernative e troppo forti qaedisti, insorti e rivoluzionari. Dramma continuo sulle sponde della Libia alle prese con una guerra civile fratricida fra le varie fazioni e tribù in lotta per il controllo del paese. Dopo l’abbandono delle forze occidentali che avevano eliminato il loro leader Gheddafi, il paese è stato praticamente abbandonato al suo destino. Continua l’agonia di un Afganistan in cui si era prima dissanguata l’armata rossa fino al definitivo ritiro dopo il crollo dell’Urss, con un nulla di fatto poi della Nato, ancora oggi impegnata, nel tentativo di mantenere stabile un paese dal cui invece giungono segnali molto contrastanti.
Il tergiversare sulla politica estera riguardante la guerra civile nella Siria di uno degli ultimi dittatori rimasto saldamente ancora in sella, nel panorama mondiale, quel Bashar al-Assad, che tanti grattacapi ha creato alle diplomazie mondiali. La instabilità di un Egitto stremato da una primavera araba che stenta a trovare una direzione, cercando di sopperire a quel deficit di democrazia, libertà e speranza di crescita non solo economica che il paese invoca da anni invano, gridandolo ai tanti generali e conservatori che lo gestiscono. Ad esso si aggiungono le mai sopite tensioni nei paesi rivieraschi, ad un tiro di schioppo dai nostri confini, disordini, sommosse e sollevazioni popolari del vicino nord Africa potrebbero esplodere ad ogni diatriba politica come nei pesi del’ex blocco sovietico. In quest’ultimo ex impero però il gigante Russo, continua a non tollerar le ingerenze politiche estere, da qualunque parte arrivino, in linea con le storiche dottrine comuniste che non accettavano contrasti fra popolo e istituzioni e qualora divampavano proteste … la repressione è scontata.
Adesso Washington non sembra più aver tanta voglia di occuparsi dei problemi del Medio Oriente e delle sue forniture di petrolio, strenuamente difese in origine come interessi economici contingenti, leggi gasdotti e oleodotti. Ma allora a che cosa sono serviti i contingenti militari?
Sembra che il ritiro senza condizioni dei militari dal Vietnam e la vittoria di un popolo di tenaci contadini pronti a morire, contro una potenza moderna non abbia insegnato molto neanche a distanza di mezzo secolo.