La morte del calcio italiano

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Dopo gli episodi di sabato sera prima e dopo la finale di Coppa Italia tra Napoli-Fiorentina, il calcio italiano si inginocchia ai piedi degli Ultrà.

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Questo tizio nella foto è Genny a’ Carogna. Capo ultrà della curva del Napoli, non che figlio di Ciro de Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del rione Sanità dei Misso. Si è permesso, anzi, gli hanno permesso di decidere se la partita di finale di Coppa Italia si poteva giocare o no. Sono andato troppo avanti scusate, torniamo indietro di tre ore, più o meno verso le 6.30 del pomeriggio fuori dallo stadio. Daniele De Santis ultrà giallo-rosso ha sparato a  Ciro Esposito un partenopeo che frequentava assiduamente la curva napoletana, si ipotizzano dei conti in sospeso tra i due, e lo ha mandato all’ospedale con gravissimi danni al polmone ed un proiettile incastrato nella colonna vertebrale. Il ragazzo si è svegliato dal coma ma rischia la paralisi. De Santis nel 1994 fu arrestato, e poi assolto per gli scontro durante Brescia-Roma in cui fu accoltellato il vice questore di polizia Giovanni Selmin e 16 agenti furono feriti gravemente a colpi d’ascia. Nel 1996, invece, a far tornare di moda il nome di De Santis furono i ricatti ai danni dell’ex presidente giallorosso Franco Sensi. Non basta, perché “Gastone” alias Daniele De Santis, fu anche l’ultras che impedì, nel 2004, il derby tra Roma e Lazio diffondendo la falsa notizia della morte di un bambino investito da una camionetta della polizia. Anche in questo caso l’ultras giallorosso finì a processo prima di essere assolto insieme ad altri sei tifosi il 25 settembre del 2008. Vi sembra giusto che un tipo cosi possa ancora lontanamente frequentare lo stadio e dintorni?

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Ma torniamo a dove ci eravamo lasciati, Genny a’Carogna, subito dopo la sparatoria che ricordiamo a tutti i lettori non è avvenuta nel Far West ma a Roma nel 2014, si è sentito in dovere di abbracciare il capitano del Napoli Marek Hamsik che era andato sotto la curva per placare gli animi, e dargli il permesso di giocare la partita. Sapete chi c’era in tribuna a guardare la partita? Il presidente del Senato Pietro Grasso, che ha consegnato poi la Coppa Italia al Napoli, il presidente del Consiglio ed ex sindaco di Firenze Matteo Renzi, il suo ex vice nel capoluogo toscano, e ora reggente, Nardella e il sindaco di Napoli De Magistris. Poi la presidente della Commissione antimafia Rosi Bindi, i senatori Cicchitto e Matteoli,  il sottosegretario Gioacchino Alfano poi anche il presidente del Coni Giovanni Malagò, il dg Fabbricini e il vice di questi Mornati. C’erano pure Mario Pescante membro del Cio, ed anche il presidente della Federcalcio Abete, il suo vice Albertini e il dg Valentini. E poi ancora Prandelli, il presidente della Lega di serie A Beretta e quello della lega di B Abodi, e sapete chi ha deciso se si poteva giocare o no la partita? Genny a’ Carogna. Assurdo non trovate? io invece penso solo che questo è ciò che ci meritiamo, ciò che è il nostro stato, al di la delle risse fuori o dentro lo stadio che comunque sia sono inammissibili, mi chiedo come lo Stato italiano riesca ad essere schiavo di pochi (cosi per dire) delinquenti che rovinano l’immagine di tutto il calcio italiano e delle autorità italiane stesse poichè non riescono a fermarli. Addirittura questo ultrà napoletano aveva una maglietta con sopra scritto” Speziale libero”, l’ultrà del Catania che uccise l’agente Raciti il 2 febbraio del 2007. Il titolo più gettonato nelle pagine italiane ed estere di qualsiasi giornale sportivo era “La Coppa Italia della vergogna!”, sui social network come Facebook ed Instagram, qualsiasi straniero ci prendeva in giro. Perchè non possiamo avere un modello calcistico come quello inglese o spagnolo? Forse perchè lerenzi-ultrà-548x360 nostre istituzioni sono un po troppo leggere, facilmente raggirabili e sopratutto poco rispettate anche a livello umano? Fatto stà che da giocatore, sportivo ed appassionato di calcio, rabbrividisco davanti a scene del genere ed all’impotenza dei nostri parlamentari e delle nostre istituzioni, non si è più liberi di andare allo stadio con un parente più grande od un fratellino più piccolo per paura di lanci di oggetti, petardi o di restare coinvolti in una rissa. Bisogna migliorare gli stadi e avere più personale, cambiare le leggi e dare una lezione a chi purtroppo, quando Dio distribuiti cervelli, aveva l’ombrello aperto.