Da tre giorni nelle strade di Gerusalemme e nei pressi delle istituzioni israeliane va avanti una protesta organizzata da migliaia di manifestanti che chiedono le dimissioni di Netanyahu, il rilascio gli ostaggi e nuove elezioni governative. Lo scopo della movimentazione è quindi invertire la rotta della guerra intrapresa dallo scorso ottobre e fare pressioni sul governo affinché vengano liberati gli ostaggi ancora fermi a Gaza.
Migliaia di persone sono scese nelle strade di Gerusalemme da domenica per chiedere all’esecutivo di muoversi per un cessate il fuoco. Davanti alla Knesset, il parlamento israeliano, centinaia di manifestanti si sono accampati nelle tende. Altre persone invece hanno sfondato i cordoni della polizia, inclusi quelli apposti attorno all’abitazione del premier Benjamin Netanyahu, nel quartiere Rehavia di Gerusalemme. La polizia è intervenuta contro i manifestanti e ha usato cannoni d’acqua per disperderli, altri invece sono stati arrestati. Nessun commento è pervenuto dallo stesso Netanyahu che poche ore fa è stato operato all’ernia. Si segnalano inoltre diversi feriti tra manifestanti e poliziotti.
Proteste Israele, capo Shin Bet: “Situazione pericolosa”
Mercoledì Ronen Bar, direttore dello Shin Bet, i servizi di sicurezza interni, ha detto che le manifestazioni indette a Gerusalemme contro Netanyahu “danneggiano la capacità di mantenere l’ordine pubblico e potrebbero portare a scontri violenti con le forze dell’ordine“. Secondo Bar, citato dai media israeliani, “c’è una linea che separa la protesta legittima e quella violenta e illegale“. Sui social il presidente della Knesset Amir Ohana ha detto che gli eventi di martedì “si uniscono all’incitamento crescente che ha caratterizzato i giorni precedenti al 7 ottobre“. Ohana ha invitato inoltre la polizia “ad agire per contrastare il pericolo”.