Proteste contro la Bce. Draghi: “capisco i manifestanti”

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Il movimento sociale Blockupy e altri movimenti anti-sistema europei hanno deciso di manifestare il loro dissenso verso la Banca centrale europea e le politiche di austerità nel giorno della cerimonia di apertura della nuova sede della Bce: un edificio alto 185 metri e costato 1,2 miliardi di euro.

Sul sito del movimento sociale Blockupy, nella lettera che invitava tutti a manifestare, si legge: «(il giorno 18 Marzo 2015) sarà  all’insegna della resistenza europea. Ma sarà anche un giorno di solidarietà forte, in particolare con il popolo greco che sta rifiutando di accettare che non ci sono alternative alle politiche di crisi della Troika e delle élites europee. Il loro rifiuto di inchinarsi al ricatto dà speranza alle persone di tutta Europa.

Questo è il motivo per cui diciamo: è tempo di agire! Per questo chiamiamo tutti da ogni angolo dell’Europa e che hanno uno spirito vitale per unirsi alle azioni transnazionali contro l’apertura della BCE il 18 marzo a Francoforte – trasformiamo quel giorno in un urlo vivo della potenza europea transnazionale.»

L’inaugurazione si è svolta regolarmente ma Francoforte è stata duramente colpita dalla furia dei manifestanti che hanno dato alle fiamme sette vetture della polizia e rotto numerose vetrine per poi lanciare sanpietrini e liquido corrosivo, non solo contro le forze dell’ordine ma anche contro i vigili del fuoco che stavano cercando di spegnere le fiamme. Sono stati usati idranti per disperdere la folla che ha assediato oltre alla zona est di Francoforte, dove si trova la sede della Bce, l’intera città.

Il bilancio della guerriglia urbana è di 88 agenti feriti e 350 manifestanti, tra cui numerosi italiani, sottoposti a fermo di polizia.

Durante l’inaugurazione il presidente della Bce Mario Draghi ha dichiarato: «capisco cosa motiva i manifestanti (…) La solidarietà è un elemento centrale dell’integrazione europea ed è giusto che i Paesi si siano sostenuti l’uno con l’altro durante la crisi. Ma l’area dell’euro non è ancora un’unione politica dove alcuni Paesi pagano per gli altri in modo permanente. È sempre stato chiaro che i Paesi devono essere in grado di stare in piedi da soli, che ognuno è responsabile delle proprie politiche. Il fatto che alcuni abbiano attraversato un aggiustamento difficile è una conseguenza delle loro decisioni passate».

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